mercoledì 15 novembre 2023

Socrate 2 - Virtù, sapere e felicità.

  Classi 3° A-B-C Linguistico


Socrate: la virtù è sapere e porta alla felicità.

Secondo Socrate, riferendosi alla ragione, è possibile distinguere nell'uomo ciò egli possiede, cioè ciò che un uomo ha, da ciò che, invece, un uomo è: carriera, successo, potere, ricchezza sono tutti aspetti legati all'avere, compresa la bellezza, considerata dai Greci una qualità molto importante, mentre ciò che conta davvero per Socrate è la vera bellezza, cioè la bellezza interiore, quella dell'anima. Tale bellezza spirituale è data da due aspetti che lui considera fondamentali per ogni uomo:
- l'uso razionale e sapiente dei beni esteriori, in quanto Socrate non condanna come negativi il successo, la fama, la bellezza esteriore o la salute fisica, ma afferma che bisogna fare di questi beni, un uso intelligente, razionale;
- il controllo razionale dei piaceri sensibili: questi piaceri, come i bisogni e gli impulsi fisici, non devono essere negati, ma devono essere soddisfatti con intelligenza.
Da ciò ne consegue l'invito socratico a prendersi cura della propria anima, a purificarsi intellettualmente, definendo l'anima non solo come la fonte di vita del corpo, ma anche quale sede della ragione e della coscienza dell'uomo. Questo invito alla purificazione dei pensieri e dei desideri si colloca sulla stessa linea di pensiero di Pitagora che sosteneva come la conoscenza e lo studio filosofico, unito ad una pratica di vita morigerata, fosse in grado di purificare l'uomo dal male e dalla schiavitù delle passioni, per avvicinarlo alla verità.
Usare quindi i beni esteriori in modo saggio e razionale presuppone quindi il sapere, la ricerca della verità, un sapere che è ben diverso da quello insegnato dai Sofisti: se per i Sofisti infatti l'arte della retorica, dell'uso sapiente del linguaggio, era completamente indipendente dai contenuti trasmessi e dalla loro verità, finalizzata al conquistarsi un posto di preminenza e di prestigio nella partecipazione alla vita politica della pólis, per Socrate invece il sapere si caratterizza come una conoscenza più profonda che caratterizza l'uomo in quanto lo aiuta a realizzare la sua vera natura di essere umano, cioè la virtù.
La virtù per Socrate si caratterizza in vari e diversi aspetti:
- è virtuoso colui che ragiona prima di agire;
- è virtuoso colui che sa interrogarsi sul bene e sul male delle proprie azioni, senza seguire le mode del momento, la tradizione o il suo utile egoistico e personale;
- è virtuoso colui che, non stancandosi mai di ricercare la verità, non si reputa mai più sapiente degli altri, ed è sempre disponibile al dialogo e al confronto con le idee altrui, ben consapevole che nessuno può vantarsi di possedere la verità nella sua interezza;
- è virtuoso colui che, non giungendo mai a compromessi con le proprie convinzioni, è capace per esse di sacrificare qualsiasi altro bene, convinto che la vera sapienza è frutto di ricerca faticosa da parte dell'uomo e non di compromessi ipocriti con se stessi, anche quando la coerenza intellettuale e morale porta l'uomo a perdere tutto ciò che possiede, anche la propria vita, qualora sia fermamente convinto di essere nel giusto e nel vero.
Tale virtù è un sapere che non è un dono della divinità, né può derivare dalla semplice lettura di libri o dall'insegnamento di vari Maestri: essa è frutto di ricerca personale che deve essere l'obiettivo e il significato di tutta l'esistenza e di ogni uomo, pena altrimenti rinnegare la propria natura di essere razionale e capace di scegliere liberamente tra il bene e il male. Il comportamento umano, liberato dalla paura degli dei, ritorna completamente sotto il controllo umano, così come la natura, indagata con la sola ragione, non più interpretata alla luce del mito o della religione, era stata ricondotta all'uomo e alla sua indagine razionale.
La virtù è dunque un sapere che si può apprendere e insegnare, ma il suo apprendimento richiede un cammino più profondo del semplice saper fare della téchne, cioè rispetto all'arte del ben parlare, del medico o del calzolaio, che sono dotati si di un sapere specialistico, ma finalizzato appunto ad un saper fare pratico e limitato. La virtù quindi per Socrate non è né un dono degli dei, né un dono della natura o della tradizione: la virtù rappresenta invece la realizzazione della vera essenza dell'uomo, il motivo del suo esistere e l'espressione della sua razionalità.
Questa razionalità virtuosa, che è sapienza e calcolo, porta l'uomo all'eudaimonía (dal greco eudaímon, alla lettera felice, fortunato; da eu = bene e daímon = genio).
Socrate sostiene infatti che solo l'uomo che agisce bene, cioè secondo la ragione che caratterizza la natura umana, può essere felice. Così come i valori non derivano da nessuna divinità, ma sono totalmente umani, così la felicità, come intesa da Socrate, non è una ricompensa divina o un bene ultraterreno, ma è bensì intrinseca alla realizzazione dei valori che costituiscono l'essenza stessa dell'uomo. L'uomo quindi prova felicità quando si realizza come uomo, cioè come essere razionale: è questa felicità che da la tranquillità all'uomo anche davanti alla morte. La ragione porta alla felicità, mentre il male conduce, secondo Socrate, inevitabilmente all'infelicità.
Secondo Socrate nessun essere sceglie il male volontariamente: non è infatti pensabile che un uomo scelga, contro la propria natura, l'infelicità. Secondo Socrate chi agisce male lo fa scambiando il bene per male, per ignoranza del bene: ogni uomo sceglie sempre ciò che reputa bene. Dato che il virtuoso è sapiente e il malvagio è ignorante, allora colui che non conosce il vero bene, non sa andare oltre l'apparenza delle cose, oltre l'utile e il piacere immediato.
Tale idea socratica viene denominata intellettualismo etico, in quanto l'agire morale si lega alla conoscenza e il bene si identifica con la virtù.
Questa impostazione etica da parte di Socrate, lo renderà bersaglio di numerose critiche da parte dei filosofi successivi.
Aristotele, ad es., che sarà alunno di Platone, accuserà Socrate proprio di intellettualismo etico, in quanto Socrate attribuisce il primato dell'intelletto sulle scelte etiche, ignorando totalmente la volontà, ma Socrate, tuttavia, non compie una distinzione netta tra intelletto e volontà, forse volontariamente, in quanto non concepisce che una persona conosca il bene, ma possa non voler lo realizzare.
Un'altra critica che sarà mossa a Socrate è quella di formalismo, in quanto Socrate non definisce delle norme concrete di comportamento, ma si limita ad affermare che il comportamento virtuoso si identifica con il sapere: non indica quindi i contenuti concreti dell'agire morale, ma una semplice forma, uno schema generale di comportamento. Il fatto che Socrate non fornisca norme concrete di comportamento è un dato di fatto, ma non rappresenta necessariamente di per sé un elemento negativo: Socrate infatti non avanza la pretesa di conoscere il Bene e il Male assoluti, è per questo motivo che si limita a dire che è compito degli uomini concreti e delle comunità stabilire, sulla base della ragione, che cosa è bene fare in ogni circostanza.
Nell'Ottocento, Nietzsche accuserà Socrate di essere stato la causa principale della decadenza occidentale perché, subordinando gli impulsi naturali dell'uomo alla ragione, bloccando la spontaneità delle emozioni. Bisogna dire però che Socrate non ha affermato niente del genere: egli infatti non ha infatti teorizzato la negazione degli impulsi vitali o dei piaceri, ma ha indicato una strada, invece, capace di condurre l'uomo ad una felicità molto più profonda di quella legata ai piaceri immediati.