Classi 4°A/B/C Linguistico
Locke e l'Empirismo inglese: Introduzione.
John Locke incentra la sua filosofia sul problema della conoscenza. Egli afferma che l'uomo conosce il mondo attraverso l'esperienza, cioè tramite i sensi. Tali sensazioni, però, non rispecchiano la realtà, ma la rappresentano secondo il modo soggettivo di ciascun individuo che la percepisce. Locke afferma che le nostre sensazioni si traducono in immagini mentali, costituite dalle idee semplici, che corrispondono ai colori, ai suoni, in generale ai singoli stimoli sensoriali, che vengono rielaborate dall'intelletto per formare delle idee complesse: sono tali idee, per Locke, che ci danno la vera conoscenza del mondo e che costituiscono il prodotto dell'attività del nostro intelletto. L'uomo, quindi, é incapace di conoscere la realtà in sé, cioè il mondo metafisico delle essenze, e deve limitarsi alla sola conoscenza del mondo dei fenomeni. Ciò significa che noi conosciamo il mondo così come ci appare e non come esso é in realtà: non a caso il termine fenomeno significa appunto illusione e apparenza dal greco phaenomena. Tale impostazione della conoscenza di Locke rende impossibile fondare una conoscenza oggettiva, valida per tutti sempre e allo stesso modo, ma apre anche la strada all'indagine degli ambiti e dei limiti della conoscenza umana e dello stesso intelletto.
Lo studio dell'intelletto umano.
L'opera più importante di Locke, che indaga le possibilità della conoscenza umana, é il Saggio sull'intelligenza umana o Saggio sull'intelletto umano, che era stato già oggetto di esame e di critica nei Nuovi saggi di Leibniz. Tale opera si inserisce a pieno titolo nel dibattito circa l'origine delle idee e il loro rapporto con la realtà, dibattito che era molto acceso tra i filosofi dell'epoca e che aveva avuto inizio con Cartesio. Diversi autori, tra cui i platonici di Cambridge, si erano chiesti se le idee derivassero dall'esperienza o se fossero invece innate. Locke riformula il problema e cambia la prospettiva d'indagine filosofica, affermando che non si deve indagare il problema della conoscenza con il modo o con la sostanza, secondo le modalità proprie della filosofia tradizionale, ma ricercare, invece, quali siano gli strumenti che l'uomo utilizza per conoscere e cosa può essere conosciuto. Il Saggio, pubblicato da Locke nel 1689, dopo la "Gloriosa Rivoluzione" inglese che vede salire al trono inglese Guglielmo d'Orange in una monarchia costituzionale, la cui stesura risale al 1670, deve la propria composizione, come racconta lo stesso Locke, a una riunione tra amici in cui si discute sulla tolleranza religiosa, senza però trovare un accordo. In tale circostanza Locke traccia le basi della sua prima nozione di criticismo affermando che, prima di indagare questi problemi, é necessario indagare quali siano le capacità intellettive dell'uomo e quali siano gli oggetti o le questioni che egli può conoscere. Locke, proprio nel primo capitolo del Saggio, paragona l'intelletto all'occhio umano: così come l'occhio vede il mondo, ma non é in grado di vedere se stesso, rendendo necessario esaminare le sue caratteristiche visive per comprendere come conosce la realtà a lui esterna; allo stesso modo deve avvenire per l'intelletto che, incapace di comprendere come il proprio funzionamento possa influenzare la costruzione delle conoscenze dell'uomo circa il mondo esterno, deve prima indagare se stesso e la sua struttura in modo necessario e totalmente separato dal mondo degli oggetti, allo scopo di delineare gli ambiti e i limiti del processo conoscitivo dell'uomo. Tale prospettiva d'indagine, assunta da Locke con il termine di criticismo, si chiede quindi quali siano le possibilità e i limiti della conoscenza umana, chiedendosi non cosa sia la realtà, ma in che misura e con quali strumenti l'uomo possa conoscerla. Il problema del criticismo verrà poi ripreso dal filosofo tedesco Immanuel Kant, nonostante l'accusa che muoverà nei confronti di Locke di voler derivare dall'esperienza tutti i concetti della conoscenza generale.
Una delle conseguenze principali del criticismo di Locke, una volta che siano stati accertati tali limiti e la loro esistenza, consiste nella rinuncia ad affrontare tutto ciò che supera tali limiti e che, quindi, non risulta essere conoscibile con gli strumenti che l'uomo possiede: in particolare l'uomo dovrà accettare l'impossibilità di indagare nozioni e problemi di stampo metafisico quali la sostanza, Dio o l'essenza.
Il percorso d'indagine proposto da Locke parte dall'analisi della conoscenza in relazione alla sua origine, alla sua portata e al grado di certezza che può garantire: sopratutto rispetto al problema della certezza, il problema centrale sarà quello di stabilire se la certezza sia data dalla corrispondenza delle idee con le cose o, invece, dai meccanismi psicologici del soggetto conoscente. In tal modo é il contenuto della conoscenza, cioè le idee, l'obiettivo dell'indagine da raggiungere e il loro rapporto con l'esperienza, non la realtà esterna.
Locke intende così eliminare dalla filosofia i problemi insolubili, in quanto non conoscibili mediante l'esperienza, e definire meglio e in modo rigoroso quelli che, invece, l'uomo é in grado di conoscere. Tuttavia questo modo di procedere non porta Locke a cadere nello scetticismo: egli, infatti, non sostiene che l'uomo non sia in grado di conoscere nulla di certo, ma di affermare che esiste un ristretto ambito della conoscenza umana che risulta essere, invece, attendibile. Si tratta così di individuare i confini di tale conoscenza e di ricercare le modalità più adeguate per raggiungerla. A questo proposito, Locke propone il paragone della candela: così come una candela non illumina mai completamente una stanza, ma si avranno zone della stanza meglio illuminate, altre in penombra e altre ancora rimarranno completamente buie, così l'intelletto non può conoscere tutta la realtà, ma può rendere maggiormente chiari gli aspetti della realtà che aiutano l'uomo a vivere meglio. Un altro esempio, descritto dal filosofo, é quello dello scandaglio: così come lo scandaglio non può sondare tutta la profondità del mare, ma ci permette di ritenere il fondale sicuro per la navigazione, così la conoscenza può guidare la vita dell'uomo anche se non può garantire il possesso della verità. Secondo Locke é necessario conoscere le possibilità effettive della mente umana allo scopo di evitare due rischi: la metafisica, cioè la presunzione dell'uomo di poter cogliere e spiegare la vera essenza delle cose da un lato, e lo scetticismo dall'altro, che porterebbe l'uomo alla totale rinuncia e alla passività.
Lo scopo del conoscere, secondo Locke, é quindi essenzialmente pratico: gli strumenti che l'uomo ha a propria disposizione non gli consentono di dare una risposta a tutte le domande, ma sono più che soddisfacenti per aiutarlo ad affrontare gli eventi concreti della vita quotidiana sia nella natura, sia a livello sociale: se nel primo caso la conoscenza fonda la scienza sperimentale, nel senso che non é tanto importante sapere cosa é un fenomeno, ma quali ne sono gli effetti allo scopo di quantificarli e di prevederli; nel secondo caso ne guida e ne orienta la condotta, gettando le basi per un'applicazione della conoscenza scientifica alla società, progetto che verrà portato a compimento soltanto da Hume.
Le idee e la loro origine.
Locke viene solitamente considerato il fondatore dell'empirismo in età moderna, anche se ha avuto un predecessore importante in Francesco Bacone, al quale spesso si richiama direttamente.
L'intero primo libro del Saggio viene da Locke dedicato alla critica dell'innatismo cartesiano e l'argomento più importante, anche se non il più conosciuto, é che le idee possono essere spiegate senza presupporle in quanto Locke sostiene che sarebbe illogico ritenere l'esistenza di idee innate, visto che l'uomo possiede gli strumenti per acquisirle, come nel caso dei colori che é totalmente inutile presupporre, dal momento che possono essere conosciuti tramite la vista.
L'argomento, invece, più conosciuto contro l'innatismo delle idee, é la presunta universalità di alcune idee, come le idee logiche di identità e di non contraddizione che, per i razionalisti, dimostrerebbero l'indipendenza delle idee dall'esperienza: se, infatti, tali idee fossero innate, sostiene Locke, esse dovrebbero essere presenti nella mente di tutti gli uomini, compresi i bambini e gli idioti. Poiché, però, non é così, cioè non tutti gli uomini possiedono tali idee universali, allora ne deve conseguire che non esistono idee innate.
Ma l'obiezione principale che Locke muove all'innatismo, che anticipa la sua la sua teoria dell'origine delle idee, é che parlare di idee impresse lo si può fare soltanto come il risultato di un'impressione dovuta a degli oggetti esterni, cioè all'esperienza. Egli contesta anche l'esistenza di principi etici innati, anche se con minore convinzione: gli esempi storici, la diversità culturale, l'esistenza all'interno di ogni società di criminali e di briganti, dimostrano la non universalità di questi principi, confutandoli, in quanto se le idee fossero innate, non esisterebbero individui che sono totalmente privi di essi.
Le idee semplici e la fondazione dell'empirismo.
Il secondo libro del Saggio sull'intelletto umano, suddiviso in 33 capitoli, viene da Locke interamente dedicato all'analisi del meccanismo della conoscenza, alle idee semplici e complesse e alla loro origine. Nella Silloge del Saggio, cioè l'introduzione, Locke propone la celebre metafora in cui la mente umana, prima dell'esperienza, é paragonabile a una tabula rasa, cioè a una lavagna cancellata e riconduce l'origine di ogni conoscenza all'esperienza.
Oltre che dall'esperienza esterna, le idee possono derivare anche dalla riflessione, cioè dalla riflessione, cioè dall'esperienza interna, ma poiché anche le idee di riflessione sono basate sui dati forniti dall'esperienza esterna, sono anch'esse riconducibili ad essa.
Le idee di riflessione operano su quelle derivate dalla sensazione che risulta essere quindi la fonte originaria di ogni idea. La riflessione, quindi, riguarda le operazioni della mente, ma tali operazioni non possono aver luogo senza i contenuti forniti dall'esperienza: il pensiero, quindi, non é per Locke una sostanza o res come era in Cartesio, ma un insieme di operazioni che processano un materiale di origine empirica che deve essere elaborato. Le idee, che derivano dalle sensazioni, non sono soltanto il materiale di base per le operazioni mentali, ma arricchiscono la mente stessa di contenuti, contribuendo così a strutturarla. La ragione umana per Locke si struttura quindi in modo progressivo, man mano che, gradualmente, acquisisce un patrimonio di idee sempre più ricco che viene rielaborato: a riprova di ciò si può notare come i bambini non siano capaci di eseguire le stesse operazioni mentali di un adulto, pur essendo capaci di effettuare ragionamenti. Da ciò, come si é visto in precedenza in merito alla critica dell'innatismo compiuta da Locke, si desume che non possano esserci delle idee innate, in quanto anche i bambini, dopo alcune settimane di vita, risultano essere capaci di avere un proprio patrimonio di esperienze, anche se molto limitato. Lo stesso Locke affronterà in seguito tale problema, circa il processo di formazione delle abilità mentali infantili, in un'opera intitolata Pensieri sull'educazione che verrà pubblicata nel 1693.
Le idee che provengono dalla sensazione o dalla riflessione sono idee semplici e derivano direttamente dai sensi, senza che il soggetto conoscente debba attuare alcun intervento di rielaborazione e, operando su tali idee, la mente del soggetto produce le idee complesse.
Locke divide le idee semplici sulla base della loro origine:
le idee ottenute mediante un solo senso, come l'idea della solidità che deriva dal tatto o quella del colore che deriva dalla sola vista;
le idee che derivano, invece, dalla collaborazione di più di un senso, come, ad esempio, l'idea di estensione, di movimento e di figura;
le idee ottenute mediante la riflessione come, ad esempio, l'idea del pensare, del volere;
le idee che sono derivate dall'unione di sensazione e di riflessione insieme come, ad esempio, il piacere, il dolore, il disagio.
In tutti questi casi il soggetto conoscente é totalmente passivo in quanto non produce tali idee in modo volontario. Le idee semplici non sempre corrispondono alle qualità delle cose. Locke, infatti, riprende una distinzione, già presente in Democrito e in Galileo, tra qualità primarie e qualità secondarie.
Mentre le qualità primarie si riferiscono alle reali caratteristiche degli oggetti e sono, quindi, oggettive, come ad esempio l'estensione e il movimento, quelle secondarie dipendono strettamente dai nostri sensi e sono perciò soggettive come i colori, i sapori, et.
Così se le qualità primarie dei corpi sono riconducibili all'estensione e al movimento, quelle secondarie sono il prodotto di modificazioni degli organi sensoriali, prodotte dalle qualità primarie di particelle impercettibili singolarmente (qui Locke si riferisce agli atomi di Democrito, pur non usando espressamente tale termine).
Le operazioni dell'intelletto e le idee complesse.
Le idee semplici, conservate nella memoria, costituiscono per Locke il materiale che l'intelletto rielabora mediante una serie di operazioni per ottenere le idee complesse. Le operazioni che l'intelletto compie sulle idee semplici sono tre:
unire più idee semplici;
mettere più idee in relazione;
astrarre da più idee una qualità e considerarla di per sé.
Le idee prodotte da queste operazioni sono definite complesse e vengono considerate dalla mente come un'unica idea che viene indicata da un solo nome.
Le operazioni della mente sono quindi di tre tipi: unione, relazione e astrazione. La prima modalità, quella di unione, si articola in due processi:
l'unione di più idee semplici che formano un'unica idea che rappresenta un oggetto, come per esempio una singola mela é l'unione delle idee di colore, sapore, forma;
oppure la conservazione delle qualità comuni a più oggetti che vengono unite per poter formare i concetti, come per esempio l'idea di uomo o di albero in generale, che risulta essere totalmente distinta dagli individui ai quali si riferisce. In tal modo nascono le idee di sostanza.
Una seconda operazione consiste nello stabilire una connessione tra due idee, senza però riunirle, come avviene nel rapporto causale, cioè di causa ed effetto, nascono così le idee di relazione, come ad esempio cane e palla, due idee distinte che possono essere correlate tra di loro, ma che esistono anche in modo indipendente l'una dall'altra.
Infine una singola idea può essere separata da quelle con cui di solito é unita: in tal modo si formano ad esempio le idee di bianchezza, di estensione, di bontà, e in genere tutte quelle idee che possono essere definite come qualità o predicati delle cose: da tale operazione nascono le idee di modo. Tutte queste diverse tipologie di idee complesse, a differenza di ciò che accade alle idee semplici, non può corrispondere nessuna realtà esterna, in quanto si tratta di idee prodotte dal soggetto: proprio questo presupposto avrà conseguenze importanti riguardo al modo di considerare i concetti filosofi tradizionali e quello di sostanza in particolare. La differenza fondamentale tra le idee di modo e quelle di sostanza é, infatti, che quelle riferite alla sostanza esistono di per sé, come oggetti della realtà esterna, mentre le idee di modo sono considerate sempre in riferimento a una sostanza.
Si avrà quindi una corrispondenza puntuale tra le operazioni dell'intelletto, (unire, astrarre e connettere) e le idee complesse corrispondenti (sostanze, modi e relazioni).
La critica del concetto di sostanza.
Secondo Locke la sostanza é un'idea complessa, prodotta dalla mente umana secondo un processo che il filosofo analizza nel dettaglio. Locke afferma, infatti, che la mente umana unisce più idee semplici allo scopo di formare un'unica idea complessa a cui dare un nome. In seguito la mente é portata a considerare tale idea risultante come se fosse un'idea semplice, in quanto ha un nome unico, e a riferirla ad un sostrato ipotetico che ne garantisca l'esistenza: nasce così, secondo Locke, l'idea di sostanza nella nostra mente. In realtà il filosofo afferma che l'idea di sostanza sia soltanto il frutto di una nostra costruzione mentale, visto che l'uomo é soltanto in grado di conoscere i fenomeni e non di poter affermare o negare che tali fenomeni abbiano un qualche fondamento metafisico. Concepire la sostanza, invece, quale idea complessa implica negarne ogni esistenza oggettiva e ogni possibilità di poterla conoscere e spiegare in quanto realtà oggettiva: la sostanza, infatti, viene considerata come un'idea complessa, ma in realtà é un prodotto della mente dell'uomo che il soggetto elabora senza però poter spiegare o fornire alcuna dimostrazione circa l'effettiva esistenza di una realtà ad essa corrispondente.
Da tutto ciò ne consegue che Locke porti la sua critica alla concezione di sostanza alle sue conseguenze più radicali.
Locke, infatti, sostiene che il corpo, ad esempio, viene considerato generalmente quale il sostrato delle sensazioni, ma in realtà l'uomo ne può avere soltanto una conoscenza fenomenica, in quanto noi possiamo soltanto indicarne le sensazioni e le percezioni che esso ci permette di sperimentare, ma non di definirlo quale sostanza o essenza metafisica. Allo stesso modo anche lo spirito, che viene tradizionalmente considerato il punto di congiunzione delle operazioni che vengono conosciute tramite la riflessione, non può essere riferito ad alcun sostrato unitario.
Locke sottolinea anche come anche l'idea di Dio deriva da idee semplici, unite all'idea di perfezione e di infinità, simile all'idea che l'uomo concepisce di uno spazio infinito: l'uomo infatti si limita ad immaginare una conoscenza prima doppia della propria, poi quadrupla, sino a formare l'idea di onniscienza; allo stesso modo noi immaginiamo di prolungare la durata della vita, fino a costruire l'idea di eternità e così via. Successivamente l'uomo attribuisce poi tutte queste qualità ad una sostanza, producendo l'idea di un Essere perfettissimo. Da tutto ciò Locke conclude che tutte le idee di sostanza sono soltanto collezioni di idee semplici, e poiché tutte le nostre idee semplici derivano dall'esperienza, anche nel caso siano combinate o elaborate dalla nostra mente allo scopo di produrre delle nozioni molto lontane dall'esperienza, come avviene ad esempio nel caso dell'idea di Dio. Queste posizioni del pensiero di Locke risulteranno essere di fondamentale importanza sia per l'influenza che eserciteranno su Hume e, di conseguenza, nella filosofia kantiana, sia per le ripercussioni che avranno in diverse correnti della filosofia del Novecento.
Le idee di modo.
Locke distingue tra modi semplici e modi misti: i modi semplici sono dati dalla ripetizione di una stessa idea, come nel caso di un numero che si ottiene con la ripetizione di più unità o lo spazio dato dalla somma di estensioni; mentre i modi misti si ottengono separando alcune qualità delle cose e unendo tali qualità per formare una nuova idea, come ad esempio l'idea di bellezza ottenuta dall'insieme di determinati tratti gradevoli.
Secondo Locke i modi semplici sono quelli più importanti e comprendono l'idea di spazio, di durata, di numero e, anche se in ambito diverso, il piacere, il dolore e il potere. Locke non distingue, infatti, tra le idee relative agli oggetti e quelle che appartengono invece all'ambito morale e politico, visto che il meccanismo della loro organizzazione é lo stesso: si parte, infatti, da delle idee semplici che vengono poi rielaborate. Le idee morali, così come il piacere e il dolore, hanno origine dalla riflessione e non dall'esperienza sensoriale.
Locke, analizzando il problema del tempo e dello spazio, che considera come idee di modo, fa riferimento alla teoria di Newton, di quello stesso periodo, sullo spazio e tempo assoluti, dove il tempo era stato definito da Newton come durata uniforme e lo spazio come estensione indipendente dalla materia. Locke, infatti, contesta in modo radicale le nozioni di spazio e tempo di Newton, affermando che lo spazio e il tempo sono dei semplici prodotti della mente umana e non delle realtà oggettive. Locke, infatti, sostiene che noi non percepiamo lo spazio in quanto qualità delle cose concrete, ma soltanto la misura: astraendo ripetutamente dalle diverse cose questa singola qualità e ripetendola innumerevoli volte, ci formiamo l'idea di uno spazio infinito.
Locke su tale argomento polemizza poi con Cartesio che aveva idenntificato lo spazio con l'estensione fisica o corpo unita alla nozione di materia: corpo ed estensione rappresentano per Locke delle idee distinte e ciò gli consente di affermare, in polemica con Cartesio e in accordo con Newton, l'esistenza di uno spazio vuoto.