venerdì 24 novembre 2023

Kant 2 - Gli Scritti Precritici.

 Classi 4°A/B/C Linguistico

Kant: Gli Scritti Precritici.

I primi scritti di Kant sono di argomento scientifico, anche perché all'epoca la fisica era ancora considerata come “philosophia naturalis” o filosofia naturale, e considerata a tutti gli effetti un settore di indagine di chiara pertinenza filosofica. Nel suo saggio, intitolato “Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive” che scrive nel 1746 e che sarà pubblicato nel 1749, Kant prende posizione sulla disputa tra Cartesio e Leibniz a proposito della forza, dichiarando il suo accordo con le tesi di Leibniz che aveva definito la forza come il prodotto tra la massa e il quadrato della velocità e non, come invece affermava Cartesio, dal prodotto semplice tra la massa per la velocità.
In questo modo Kant distingue tra forza e movimento e riprende la teoria della monade di Leibniz come sostanza-energia. Nel 1755 pubblica la sua opera scientifica più importante, “La storia universale della natura e teoria del cielo”, in cui Kant ipotizza l'origine dell'universo da una nebulosa originaria che, basandosi sul concetto newtoniano di forza, avrebbe prodotto il cosmo attuale. L'«ipotesi Kant-Laplace», come verrà chiamata in seguito, rappresenta un'ipotesi importante in quanto prospetta un'evoluzione dell'universo intesa in termini esclusivamente meccanicistici, senza ricorrere né a Dio e alla sua creazione, né a delle cause finali.
Una spiegazione puramente meccanicistica caratterizza anche tutte le altre opere kantiane del periodo, che sono dedicate allo studio dei terremoti, dei venti, o alla geografia. Ciò dimostra come gli interessi legati all'ambito naturale vadano di pari passo con l'indagine metafisica: sopratutto nella “Monadologia physica”, del 1756, dove Kant rivede in modo radicale le teorie di Leibniz e riduce le monadi ad atomi materiali.
Nel 1757 Kant si occupa in modo approfondito di geografia fisica, studiando i caratteri peculiari delle diverse popolazioni della terra secondo una prospettiva antropologica, interesse che coltiverà anche nei decenni successivi.
Dal 1762 gli interessi scientifici passano in secondo piano rispetto agli interessi filosofici, sopratutto inerenti allo studio della metafisica e alla possibilità di fondarla su presupposti scientifici.
Nello stesso anno Kant pubblica «L'unico argomento possibile per una dimostrazione dell'esistenza di Dio», in cui critica sia l'argomento ontologico, nella sua forma tradizionale, che era stata ripresa in precedenza dallo stesso Cartesio, sia le prove cosmologiche tradizionali.
Nonostante Kant esamini la possibilità di presentare l'argomento ontologico con una nuova veste, egli giunge alla conclusione che l'esistenza di Dio sia oggetto di fede, piuttosto che di dimostrazione razionale. Inoltre in quest'opera Kant anticipa alcuni temi che svilupperà in seguito sia nella Critica della ragion pura, che nella Critica del giudizio, come i concetti di bello e di sublime nelle loro implicazioni etiche ed estetiche: Kant si occupa in particolare delle azioni belle e di quelle sublimi, le prime legate alla loro funzione sociale, le seconde disinteressate, prive di qualsiasi finalità e considerate dei valori in sé.
Nel 1766 Kant scrive i “Sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica”, una delle opere più importanti del periodo precritico. L'opera prende l'avvio dalle visioni di Emanuel Swedenborg, un teologo svedese che affermava di poter parlare con i morti. Kant, prendendo spunto da tale episodio, affronta il problema dell'esistenza o meno di sostanze immateriali e, in particolare, di un'anima immortale: Kant utilizzando un tono ironico e condannando le pretese di Swedenborg, sottolinea che il vero problema sul quale la filosofia deve concentrarsi consiste nel determinare i limiti della conoscenza umana e avanza l'ipotesi che non si possa parlare di ciò che non cade sotto i nostri sensi. Kant inizia così a delineare una nuova concezione della metafisica che diventerà il fulcro della Critica della ragion pura: la metafisica considerata non più come la scienza delle cause ultime o delle sostanze, ma lo studio dei limiti e delle possibilità della conoscenza umana. L'oggetto della metafisica non é più quindi l'indagine del mondo, ma del soggetto che lo conosce. Tale problema del criticismo Kant lo riprende da Locke e lo sviluppa gradualmente sino agli scritti critici veri e propri, di cui il primo é dato dalla dissertazione che Kant scrive in occasione del concorso quale professore ordinario, intitolato
 “Sulla forma e i principi del mondo sensibile e intelligibile” del 1770, in cui distingue nei fenomeni tra contenuto e forma: mentre il contenuto deriva dalle cose, la forma é invece data dalla nostra sensibilità che si esplica nelle forme di spazio e tempo, che non sono quindi proprietà degli oggetti, ma strutture percettive dell'uomo. La conoscenza del mondo é quindi non oggettiva, ma rielaborata dal soggetto. Tale presupposto verrà definita dallo stesso Kant la “grande luce” e costituirà la base successiva del criticismo. Nella dissertazione del 1770, egli distingue inoltre tra conoscenza fenomenica e conoscenza noumenica, affermando però, diversamente da ciò che dirà in seguito, che anche la conoscenza noumenica é possibile: Kant afferma che noi conosciamo il fenomeno con i sensi, ma l'intelletto (Nôus) é capace di andare oltre il fenomeno, di cogliere in modo intuitivo la cosa-in-sé, il noumeno. Successivamente nella Critica della ragion pura tale certezza verrà meno e anche la conoscenza intellettiva sarà confinata esclusivamente al mondo dei fenomeni, mentre il noumeno o cosa-in-sé rimarrà irraggiungibile, al di là dei limiti della conoscenza umana possibile. La soluzione alla conoscenza della realtà noumenica lascia comunque Kant stesso insoddisfatto come risulta da una sua lettera scritta a Marcus Hertz, suo allievo a Könisberg, nel 1772: in tale lettera Kant ipotizza la possibilità di individuare anche nella conoscenza intellettiva alcune strutture a priori, le categorie, come aveva già accennato nella dissertazione del 1770. In questa lettera Kant usa per la prima volta l'espressione di Critica della ragion pura quale titolo opportuno per un'opera dedicata a tali questioni rispetto al titolo originario precedente di “I limiti della sensibilità e della ragione”.

La fondazione del sapere.

Se l'indagine filosofica di Kant prende sicuramente spunto dal razionalismo illuministico, sopratutto da quello sviluppato da Christian Wolff, ma anche dal razionalismo di Leibniz, i punti di riferimento di Kant sono molto più ampi e si rifanno, dal punto di vista scientifico, alle teorie di Newton che dominavano lo scenario scientifico inglese. Nel corso del Settecento però lo scetticismo di Hume aveva permesso di rimettere in discussione i fondamenti della scienza naturale, criticando il principio di causalità che ne costituiva uno dei presupposti più importanti. Kant é fortemente convinto che sia la fisica, che la matematica siano delle scienze certe, anche se accoglie parzialmente le obiezioni di Hume, a cui attribuisce il merito di «averlo destato dal sonno dogmatico», mettendo in discussione l'universalità e l'oggettività della conoscenza, nonché la possibilità stessa di una metafisica.
Secondo Kant il problema non é quello di dimostrare che fisica e matematica siano scienze, ma quello di stabilire come sia possibile una conoscenza scientifica. Kant vuole quindi individuare il fondamento del sapere scientifico, mentre per quanto concerne la metafisica che, a differenza della fisica e della matematica, rappresenta un sapere in cui manca una teoria che abbia registrato il consenso unanime degli studiosi e che ne abbia consentito il progresso nella conoscenza. L'interrogativo che Kant si pone é se la metafisica possa essere una scienza, così come la fisica e la matematica, e costituisce il problema a cui la Critica della ragion pura dovrà fornire una risposta certa ed esaustiva. Ma la prospettiva in cui Kant intende muoversi é molto più complessa e articolata: il criticismo, inteso quale indagine sui limiti e le possibilità della ragione umana, lo porterà a ricercare il fondamento stesso del sapere umano.
Kant, inizialmente, aveva pensato di intitolare la propria opera “I limiti della sensibilità e della ragione” che ne esprime chiaramente l'intento, ma si rivela essere meno incisivo del titolo definitivo. Il termine «Critica» deriva infatti dal greco kríno che significa sia “separare”, che “decidere giuridicamente”: Kant vuole quindi, da un lato, analizzare la ragione allo scopo di descriverne natura e funzioni, dall'altro sottoporla al giudizio del tribunale della ragione stessa onde poter valutare cosa e come può conoscere. Per tali motivi la filosofia kantiana assume la denominazione di criticismo. Un altro aspetto importante che Kant sottolinea nel titolo é che l'oggetto di tale ricerca é la ragione «pura», considerata cioè di per se stessa, come indipendente da qualsiasi forma di esperienza e di contenuto empirico ad essa collegato. 
La ragione indagata da Kant non presenta più i caratteri della ragione tipicamente illuministica: cioè colei che, unica, poteva liberare l'umanità dalle sue superstizioni e dai suoi pregiudizi, garantendo il miglioramento delle condizioni di vita a livello universale. Da tale visione ottimistica delle possibilità da parte dell'uomo di poter adeguatamente conoscere la realtà e di dominarla per i suoi scopi pratici, Kant si discosta in modo netto da tale fiducia nelle possibilità illimitate della ragione umana e sottolinea la necessità che, prima di dedicarsi all'indagine del mondo esterno, la ragione indaghi appunto se stessa, le sue modalità di funzionamento, allo scopo di individuare eventuali limiti e criticità. Nella Prefazione alla prima edizione dell'opera, del 1781, Kant puntualizza la necessità di tutelare le pretese che la ragione dimostrerà come legittime e di sua pertinenza, mentre vanno condannati ed eliminati quegli ambiti conoscitivi che falliscono tale esame, evidenziando i limiti precisi oltre i quali ogni pretesa conoscitiva dell'uomo risulta essere infondata e non oggettivamente dimostrabile. Ciò che Kant intende quindi é l'analisi della ragione umana astratta da ogni influenza dell'esperienza, dalla variabilità dovuta ai diversi usi, costumi e cultura, propri di ogni popolazione umana, così come dall'influenza del pensiero dei filosofi precedenti.

I giudizi sintetici a priori.

Il punto di partenza assunto da Kant prende le mosse dalla logica di Aristotele e dai giudizi, in quanto ogni conoscenza si traduce sempre in un giudizio sulla realtà, che si concretizza nell'attribuzione di uno o più predicati ad un soggetto. Kant sostiene che per fondare la conoscenza, é necessario in via preliminare chiedersi quali tipi di giudizi sono possibili e, tra questi, quali possono essere considerati scientifici.
Le tipologie di giudizi presi in esame da Kant sono sopratutto tre: 

- i giudizi analitici a priori;
- i giudizi sintetici a posteriori;
- i giudizi sintetici a priori.

I giudizi analitici a priori, sono quelli dotati di universalità, ma che non ampliano la conoscenza, in quanto il predicato é già implicitamente contenuto nel soggetto e le operazioni che utilizziamo servono per rendere esplicite le caratteristiche già presenti nel soggetto stesso. Un esempio di tali giudizi é rappresentato dai giudizi matematici e geometrici, come ad esempio il giudizio analitico “il triangolo ha tre lati”, in cui il soggetto, triangolo, contiene già in sé la caratteristica di avere tre lati espresse dal suo predicato e quindi il predicato non aggiunge alcuna conoscenza in più rispetto a quanto asserito in precedenza dal soggetto; o il giudizio 2+2= 4 in cui il risultato non aggiunge alcun elemento conoscitivo in più rispetto a 2+2 in quanto non può portare ad un qualsiasi altro risultato; un altro esempio é dato dal giudizio tutti i corpi sono estesi, dove la caratteristica dell'estensione non aggiunge nulla di nuovo alla definizione di materia presente già in precedenza nel soggetto: non esiste infatti alcuna materia che non sia dotata di estensione. Tali giudizi sono universali e necessari, validi cioè per tutti gli uomini senza alcun bisogno di dimostrazioni, ma non ampliano la nostra conoscenza in quanto sono totalmente sganciati dall'esperienza: sono analitici, infatti, in quanto universali e necessari, a priori in quanto precedono qualsiasi esperienza, e sono i giudizi tipicamente usati dai filosofi razionalisti quali Cartesio, Leibniz e Spinoza.
I giudizi sintetici a posteriori, invece, sono quelli che ampliano la nostra conoscenza, in quanto si rifanno all'esperienza, ma non sono dotati di universalità e necessità, proprio questo aspetto viene sottolineato da Kant con il termine posteriori, cioè dopo l'esperienza, mentre sono sintetici in quanto in essi il predicato aggiunge qualche conoscenza ulteriore rispetto al soggetto. Tali giudizi sono tipicamente usati dai filosofi empiristi come Locke, Hume e Hobbes. Un esempio di tali giudizi é dato dal giudizio tutti i corpi sono pesanti, dove la caratteristica di pesantezza non é insita nel concetto di corpo, ma deriva dall'esperienza: tali giudizi arricchiscono quindi la nostra conoscenza, ma non possono dotarsi dei caratteri di universalità e necessità propria dei giudizi analitici in quanto un individuo non potrà mai sperimentare in modo diretto con le sue osservazioni che tutti i corpi esistenti in natura siano effettivamente pesanti come recita il giudizio. Il terzo gruppo di giudizi esaminati da Kant sono i giudizi sintetici a priori che, in quanto sintetici, ampliano la nostra conoscenza, e in quanto a priori, sono dotati di universalità e necessità: tali giudizi rappresentano per Kant la tipologia dei giudizi scientifici per eccellenza.
Ciò avviene in quanto da un lato tali giudizi arricchiscono la conoscenza, individuando, mediante l'esperienza e gli esperimenti, caratteristiche non ricavabili dal soggetto, dall'altro si presentano come universali e necessari, come avviene per tutte le leggi scientifiche. Tutti i giudizi scientifici sono sintetici a priori, compresi quelli della matematica, considerati solitamente analitici, in quanto dalla somma di 5+12, noi per poter raggiungere un risultato dobbiamo procedere a dei calcoli ulteriori che aggiungono nuove conoscenze a quelle già in nostro possesso, contenute nell'operazione iniziale. Una volta dimostrato che i giudizi scientifici sono sintetici a priori, Kant procederà alla ricerca e all'inventario degli elementi a priori contenuti nella nostra conoscenza, operando la sintesi e il superamento sia dei limiti del Razionalismo, che di quelli dell'Empirismo, tracciando così una nuova strada verso l'indagine dei processi conoscitivi che l'uomo utilizza per indagare la realtà circostante.