venerdì 24 novembre 2023

Cartesio 2 - Le idee e Dio.

Classi 4°A/B/C Linguistico

Cartesio: le idee e Dio.

Dopo aver individuato nel Cogito la prima verità indubitabile, Cartesio ne trae sia la certezza dell'esistenza di almeno una sostanza, la res cogitans, sia la conferma del metodo d'indagine utilizzato. Poiché l'evidenza è il criterio su cui costruire la conoscenza, le idee evidenti, cioè dotate di chiarezza e distinzione, saranno vere di per sé, senza alcun bisogno di dimostrazioni.
Tali idee, che non derivano dai sensi o dalla realtà esterna, sono innate in quanto dentro la testa dell'uomo sin dalla nascita: di tali idee non di deve dubitare in quanto ne abbiamo la certezza in noi stessi. Dalle idee innate Cartesio distingue le idee avventizie, che sono il risultato della realtà esterna, e le idee fattizie, che sono quelle che ogni soggetto costruisce da sé, sulla base di proprie fantasie, opinioni o pregiudizi che non hanno necessariamente alcun corrispettivo nella realtà esterna. Secondo Cartesio, mentre le idee innate si giustificano da sé, in quanto costituiscono la res cogitans non suscettibile di dubbio, la corrispondenza tra le idee avventizie e la realtà è invece problematica e non può essere dimostrata direttamente, perché il mondo potrebbe essere anche una costruzione della mente del soggetto.
Cartesio afferma che se non dobbiamo dubitare di tutto ciò che è oggetto del nostro pensiero e che ciò ci garantisce la verità dei nostri ragionamenti, in quanto concatenazioni di idee, a patto naturalmente di applicare in modo corretto le regole del metodo, dobbiamo però porci il problema della certezza sopratutto riguardo il rapporto fra il pensiero e la realtà esterna. Se infatti la matematica può sempre contare di partire da premesse certe per arrivare a conclusioni assolutamente indubitabili, secondo Cartesio è necessario invece interrogarsi sul criterio di verità, intesa quale corrispondenza tra pensiero e realtà.
Il filosofo si interroga su quali garanzie abbia l'uomo che i ragionamenti e le idee chiare ed evidenti corrispondano effettivamente alla realtà esterna del mondo fisico. Egli, infatti, partendo dalla necessità che conoscere il mondo fisico richiede la mediazione dell'esperienza, e quindi della sensazione, afferma che niente di certo invece si possa dire su come le idee possano provenire dai corpi sensibili, poiché non è possibile escludere che tali idee siano apparenze e illusioni.
Secondo Cartesio esiste però un'idea, presente già nella mente umana come idea innata e che l'uomo non può aver arbitrariamente costruito, e che non può essere un'illusione o un inganno: questa è l'idea di Dio. Cartesio, infatti, allo scopo di fornire all'uomo la garanzia della corrispondenza tra idee e realtà del mondo fisico, attribuisce a Dio tale compito, ponendosi però il problema di dimostrarne sia l'esistenza, sia la veridicità.
A questo proposito egli prende in esame le tre prove classiche dell'esistenza di Dio, elaborate da Tommaso e Anselmo in epoca medievale, e le ripropone allo scopo di rendere certa ed evidente l'idea di Dio stesso.
Nella prima prova Cartesio afferma che il fatto che nella mia mente ci sia l'idea di un essere eterno, perfetto, immutabile, onnipotente, et., mi costringe a pensare che tali caratteristiche l'uomo non le possiede, in quanto essere finito, e che quindi siano riferibili ad un altro essere che non può essere l'uomo: la stessa idea di tale essere perfetto non è quindi opera della mente umana, in quanto innata,  quindi soltanto un simile essere poteva creare l'uomo già con questa idea innata.
Cartesio poi propone altre due prove per dimostrare l'esistenza di Dio e la coincidenza tra l'idea che noi ne abbiamo e la sua effettiva esistenza. La seconda prova afferma che:
- Se l'uomo si fosse creato da solo, si sarebbe sicuramente attribuito tutte le qualità perfette con cui pensa l'idea di Dio, ma poiché l'uomo non le possiede, ma riesce ad immaginarle, ciò significa che tali qualità sono presenti in un altro essere, diverso dall'uomo, di cui l'idea che l'uomo ha di Essere perfetto è un'immagine. Nella terza prova Cartesio riprende l'argomento ontologico (inerente lo studio dell'essere) di Anselmo, affermando che non si può immaginare un Essere perfetto a cui manchi la caratteristica fondamentale dell'esistenza, in quanto “esistere” rappresenta un aspetto essenziale per qualsiasi essere, maggiormente per l'Essere perfetto che, altrimenti, non sarebbe più tale: Cartesio sostiene che l'esistenza è connessa all'idea di Dio, come all'idea di triangolo è connessa l'idea che la somma dei suoi angoli è uguale a due angoli retti.
Da tali ragionamenti Cartesio deduce che Dio, l'Essere perfetto e onnipotente che ci ha creato e che è infinitamente buono, non potrebbe mai permettere che un qualsiasi genio maligno possa ingannarci qualora l'uomo usi bene la ragione di cui Egli lo ha fornito: ciò permette a Cartesio di affermare che le idee fondate sulla ragione sono sicuramente vere, dotate di chiarezza e distinzione, e che quindi l'uomo può sbagliare soltanto se accetta idee che non sono chiare e distinte, cioè quando usa della propria ragione in modo non corretto.
Contro le dimostrazioni cartesiane dell'esistenza di Dio, gli vennero rivolte delle critiche di circolarità da parte di filosofi come Hobbes e Gassendi: da una parte, infatti, Dio sarebbe garante della veridicità delle idee chiare e distinte, ma dall'altra l'esistenza stessa di Dio é ottenuta da Cartesio come risultato di un'idea chiara e distinta che é innata in me sin dalla mia nascita.
Il problema che ne consegue é quello allora di chi o cosa possa garantire l'evidenza e la correttezza dell'idea di Dio prima questa sia verificata in qualche modo.
Cartesio, consapevole del problema, tenta nella sua opera, intitolata Meditazioni Metafisiche, di dare una risposta definitiva a tale rischio di circolarità del proprio ragionamento e di rispondere alle critiche mossegli, inserendo un breve saggio, intitolato Ragioni che provano l'esistenza di Dio e la distinzione esistente tra lo spirito e il corpo dell'uomo in modo geometrico: basando il suo ragionamento su una serie di dieci definizioni, sette postulati e dieci assiomi di impronta matematica, presenta sia le tre prove dell'esistenza di Dio, sia la distinzione tra spirito e corpo.
Rispetto alle prove dell'esistenza di Dio classiche, quelle cartesiane hanno caratteri diversi: mentre, infatti, le prove medievali partono dall'esistenza del mondo, in quanto sottoposto quotidianamente all'esperienza dell'uomo e testimonianza dell'opera di creazione di Dio, prova fisico- teleologica o anche cosmologica, per Cartesio, invece, il mondo non é altro che estensione e movimento e non può darsi come garantito per arrivare a garantire l'esistenza di un Dio creatore. La conoscenza che l'uomo ha del mondo é per Cartesio soltanto ipotetica, per quanto razionale, in quanto soltanto la realtà del cogito, cioè della sostanza pensante, é sinora stata dimostrata certa ed evidente.
Per Cartesio, quindi, soltanto dopo aver dimostrato la fondatezza dell'esistenza di Dio, si potrà avere la certezza che il mondo, che i nostri sensi colgono, abbia una corrispondenza certa con quanto la ragione ci fa conoscere di esso. Si tratta di un processo, quello cartesiano, del tutto opposto a quello dei filosofi medievali e lo stesso Cartesio ne é profondamente consapevole.
Un'altra importante differenza nella concezione cartesiana di Dio rispetto ai medievalisti consiste nell'avere considerato Dio quale essere totalmente impersonale, che non assume alcun ruolo nel mondo umano, che non crea e non interviene nella regolazione della vita dell'universo: il suo unico scopo, nel pensiero di Cartesio, é che Dio rappresenta un fondamento logico e la garanzia della verità delle idee chiare e distinte, ma non é un Dio creatore o salvatore dell'umanità. Rispetto al Dio-persona dei credenti che si aspettano che intervenga nella vita e nella storia umana, o che regoli le sorti dell'universo, il Dio cartesiano é paragonabile al demiurgo platonico o al deus ex machina aristotelico: é il Dio illuminista dei philosophes, non quello delle fede cristiana.
Dio, infatti, per Cartesio non interviene neppure per regolare le leggi fisiche dell'universo, dopo la sua creazione, che sono contraddistinte da un rigido meccanicismo come affermerà il filosofo descrivendo la sua Fisica.

La nozione di sostanza.

La distinzione tra una sostanza pensante e una sostanza estesa costituisce quindi il punto centrale del pensiero di Cartesio in quanto gli consente di conciliare il meccanicismo della fisica con la libertà in ambito morale. Nell'opera più sistematica di Cartesio, intitolata I principi della filosofia del 1644, Cartesio approfondisce meglio il concetto di sostanza che avrà una notevole influenza sui filosofi successivi che dovranno fare i conti con la sua definizione.
La struttura dell'opera viene spiegata dallo stesso Cartesio in una lettera che ha lo scopo di fungere da premessa: partendo da dei principi fondamentali, che vengono da lui definiti quali idee chiare e distinte, utilizzando il solo ragionamento deduttivo, giunge ad una spiegazione completa del mondo fisico in modo razionale e necessario. In questo modo Cartesio non soltanto offre tale descrizione, ma dimostra come i diversi fenomeni naturali derivino, in modo necessario, da tali premesse.
Nella prima parte dell'opera definisce quelli che sono i principi generali della conoscenza: qui vengono ripercorse tutte le tappe del suo ragionamento filosofico partito dal dubbio e giunto all'idea di Dio allo scopo di giustificare le idee chiare e distinte.
Fondamentale per la sua importanza é la nozione di sostanza che in quest'opera viene argomentata in modo più approfondito rispetto alle altre opere.
Cartesio, in un primo momento, definisce la sostanza secondo l'accezione aristotelica di “ciò che sussiste di per sé”, cioè di una realtà che non ha bisogno d'altro per poter esistere. Ma tale definizione é troppo ristretta e finisce per adattarsi esclusivamente alla sostanza perfetta, cioè a quella divina, in quanto é la sola ad essere completamente autonoma da ogni realtà ad essa esterna, mentre esclude ogni altra forma di sostanza creata in quanto non così completamente autonoma rispetto alla realtà circostante: l'uomo stesso possiede una sostanza che non si può annoverare in questa definizione in quanto non é dotato di esistenza totalmente indipendente e autonoma.
Cartesio propone allora di circoscrivere la propria definizione di sostanza definendola come “ciò che non ha bisogno di alcuna cosa creata”: in questo modo Cartesio può includere diverse tipologie di sostanze, anche quella umana e finita in genere, e distinguere in esse diversi attributi. Cartesio, pur non rinunciando all'indagine ontologica dell'essere, considera sempre l'uomo come il punto centrale di ogni conoscenza e tiene comunque conto dei limiti delle facoltà conoscitive umane. Infatti, anche se é possibile concepire una sostanza priva di attributi, in quanto la definizione richiede soltanto che la sua esistenza sia autonoma da altro, questo impedirebbe all'uomo di conoscerla visto che l'uomo conosce gli attributi e non le sostanze col proprio pensiero. Tutti gli attributi infatti definiscono la sostanza e ci permettono di conoscerla. Tra tutti gli attributi, secondo Cartesio, c'è ne sono alcuni che sono particolarmente importanti al punto che non é immaginabile che esista una sostanza che ne sia priva; da tali considerazioni Cartesio giunge a poter distinguere tra la sostanza caratterizzata dall'attributo del pensiero e quella caratterizzata dall'estensione, cioè tra la res cogitans e la res extensa.
La distinzione tra queste due sostanze risulta così fondata su argomenti più solidi e razionali che rendono possibile al filosofo attribuire qualità distintive diverse, riservando la libertà alla sola sostanza pensante.

Il razionalismo cartesiano.

La conoscenza, dunque, per Cartesio muove esclusivamente dalla certezza che l'uomo possiede circa l'esistenza della res cogitans, del proprio pensiero, costituita da idee.
Essa non può quindi per Cartesio partire dalle sensazioni perché la realtà esterna all'uomo, cioè al mondo fisico, é frutto delle sole idee avventizie, cioè quelle idee che vengono rielaborate dall'uomo sulla base delle sole sensazioni che sappiamo possono trarci in inganno, in quanto spesso soggettive e risultato delle diverse circostanze.
Il razionalismo cartesiano sostiene infatti che le idee precedano l'esperienza e che forniscano all'esperienza un'interpretazione scientifica.
Se noi, ad es., prendiamo in mano un pezzo di cera, appena estratto da un alveare, ne riceveremo diverse informazioni sensoriali: l'aspetto e la forma, il sapore del miele, il profumo dei fiori, la ruvidezza al tatto e il suono che sentiamo se la sfreghiamo tra le dita, ma non potremo mai sostenere che tali informazioni sensoriali ci facciano conoscere il pezzo di cera. Se avviciniamo la cera al calore, la cera comincerà a sciogliersi, il profumo svanirà e la forma cambierà, inoltre se la sfreghiamo non emetterà più nessun suono: eppure il pezzo di cera che noi avremo, sarà lo stesso che in precedenza.
Cartesio ne consegue che le informazioni sensoriali che noi avevamo all'inizio non costituivano la sostanza della cera che rimane invariata anche dopo il cambiamento.
Non sono quindi i sensi a darci la conoscenza della realtà, ma la ragione che ci dice trattarsi di un corpo esteso e malleabile e con altre caratteristiche che ci permettono di definirla aldilà delle informazioni sensoriali.
Cartesio presenta ancora un altro es.: se noi guardiamo il sole, lo vediamo più piccolo del nostro pugno chiuso e non troppo lontano da noi, l'astronomia, invece, ci dice che il sole é molto più grande del nostro pugno e molto più lontano di come ci sembra.
Ciò a indicare che, nel nostro esempio, la conoscenza vera é quella dell'astronomia, cioè della ragione, e non quella dei sensi. In entrambi gli esempi di Cartesio é possibile spiegare l'esperienza partendo dalle idee e non viceversa: é la ragione, e non i sensi, che offrono la conoscenza vera della cosa e che ci permette di conoscerne la vera sostanza.
Cartesio dirà che occorre quindi partire dalle idee per conoscere la realtà e da tale premessa partirà per costruire la sua fisica deduttiva.