venerdì 24 novembre 2023

Cartesio 1 - Il Razionalismo e il metodo razionale.

Classi 4°A/B/C Linguistico

Caratteri generali del Razionalismo.

Il Seicento é un secolo ricco di aspetti eterogenei sia dal punto di vista politico ed economico, sia dal punto di vista della novità rappresentata dai fermenti di idee nuove indirizzate alla nascita e allo sviluppo del nuovo sapere scientifico. Nell'Europa del Seicento si affermano, in parallelo con la rivoluzione scientifica, due correnti filosofiche contrapposte: il Razionalismo e l'Empirismo.
Il Razionalismo, i cui esponenti più importanti sono Cartesio, Leibniz e Spinoza, sostiene che ogni conoscenza avviene a partire dalla ragione, grazie alle idee che hanno il compito di interpretare i dati sensoriali e di dare loro un significato.
Proprio per questo le idee non possono derivare dall'esperienza, ma devono essere già innate nell'uomo, cioè presenti in lui sin dalla nascita e precedenti ad ogni esperienza.
Per l'Empirismo, al contrario, ogni conoscenza deriva dall'esperienza, incluse le idee che danno ordine alle sensazioni.
Mentre il Razionalismo si sviluppa sopratutto in Francia, Germania e Olanda, l'Empirismo si diffonde sopratutto in Inghilterra, da dove poi contribuirà alla nascita del movimento dell'Illuminismo in Francia nel secolo successivo.
Tutti i filosofi del Seicento, indipendentemente dalle loro posizioni, devono fare i conti con il controllo e la censura dell'Inquisizione cattolica ben decisa ad impedire il diffondersi di nuove idee eretiche o comunque antireligiose: la condanna di Galileo, avvenuta nel 1633, convincerà lo stesso Cartesio a non pubblicare una sua opera di fisica per non rischiare condanne o ritorsioni da parte della Chiesa Cattolica.
Un ulteriore elemento per comprendere il pensiero dei filosofi di questo secolo è il bisogno fortemente sentito di creare un sapere scientifico e sistematico, sganciato da qualsiasi controllo religioso, e in grado di offrire una nuova chiave interpretativa dei fenomeni naturali che non sia metafisica, ma razionale e sperimentale.
Oltre all'innatismo delle idee, i razionalisti adottano il metodo deduttivo quale metodo di indagine della realtà: da idee generali si deve giungere alla spiegazione di ogni esperienza della vita quotidiana. Altro problema di indagine é riferito al concetto di sostanza e alla sua conoscenza in riferimento anche agli sviluppi della filosofia aristotelica. Tale metodo deduttivo viene applicato anche alla morale: i razionalisti sostengono, infatti, che tutte le passioni dell'uomo devono essere ricondotte ad un'unica origine, cioè alla conservazione del proprio essere e, proprio per tale motivo, accentuando la necessità del dominio della ragione sulle passioni dell'uomo.
Un altro importante problema, fortemente sentito dai filosofi razionalisti, è il rapporto esistente tra Dio e la libertà dell'uomo: se infatti Dio è un essere razionale e necessario, come si concilia la sua azione nel mondo con il libero arbitrio dell'uomo?
Su questi tre versanti o ambiti si snoda l'indagine dei razionalisti: l'ambito gnoseologico (conoscitivo), l'ambito etico (delle azioni umane), e l'ambito religioso (il rapporto tra Dio e umanità).

Cartesio e il metodo razionale.

L'esigenza comune da cui parte Cartesio, fortemente sentita da tutti i filosofi dell'epoca, è il superamento del sapere tradizionale, fortemente influenzato sia dal sapere religioso e da Aristotele, Tommaso e Agostino, sia dalla concezione magica e superstiziosa nel modo di guardare ai fenomeni naturali di cui era profondamente intriso l'Umanesimo e il Rinascimento.
Per fondare il nuovo sapere scientifico su nuovi criteri di indagine, Cartesio sceglie di partire da una disciplina dotata di certezza e di universalità quale la matematica: il sapere matematico, infatti, secondo Cartesio è l'unico in grado di garantire un modello di conoscenza certo, al riparo da qualsiasi influenza del sapere tradizionale e dei suoi preconcetti.
Il carattere deduttivo della matematica richiede però che vengano definite alcune verità iniziali da cui partire nell'indagine filosofica che siano a prova di qualsiasi dubbio, in quanto da tali verità certe dovrà poi essere dedotto l'intero edificio del nuovo sapere scientifico.
L'esigenza, fortemente sentita da Cartesio, di partire dal modello matematico della realtà e di estenderlo all'indagine della realtà stessa, lo porta a dubitare di ogni forma di realtà esistente, con l'obiettivo di trovare una realtà indubitabile che sia al riparo da ogni possibile dubbio e su cui poter costruire il metodo della conoscenza scientifica.
Tale verità indubitabile Cartesio la trova nella certezza che l'uomo ha di sé in quanto essere pensante, cioè nel "cogito ergo sum" cioè dubito, quindi penso, penso dunque esisto.
Ma tale certezza riguarda soltanto il pensiero, ciò che Cartesio chiamerà res cogitans (sostanza pensante) e non la materia (res extensa), realtà dotata di estensione; si aprirà così per Cartesio il problema di una realtà dualistica che contrappone il mondo del pensiero, dotato di certezza e di evidenza, a quello materiale dei corpi, che l'autore svilupperà in termini di puro meccanicismo, necessario alla comprensione delle leggi scientifiche, tentando però di salvare la libertà della res cogitans, cioè dello spirito dell'uomo: Cartesio così si ritrova, anche lui come già Platone, ad analizzare e cercare di comprendere una realtà scissa e dalle caratteristiche contrapposte, cadendo in un dualismo insanabile che soltanto l'idea di Dio potrebbe risolvere.
Cartesio esprimerà qui l'ipotesi che sia la ghiandola pineale la sede di congiunzione tra spirito e materia, nel tentativo di ricondurre ad unità le due sostanze contrapposte.

Cartesio: Il metodo, il dubbio e il cogito.

Cartesio parte, quindi, da una critica serrata al sapere tradizionale che, a parte la matematica, non presenta fondamenta solide, cioè premesse condivise da tutti gli studiosi che non abbiano bisogno di lunghe discussioni per essere dimostrate continuamente.
Cartesio afferma infatti la necessità di costruire un nuovo sapere scientifico che sia cumulativo, che sia cioè in grado di far progredire la conoscenza e che sia sistematico, in grado cioè di organizzare il nuovo sapere in modo ordinato e coerente.
Da qui emerge per Cartesio l'esigenza di un metodo che rappresenta il primo passo verso una rifondazione del sapere scientifico.
Poiché l'unico ambito di conoscenza che ha prodotto un sapere con tali caratteristiche é sicuramente la matematica, secondo Cartesio si dovrà applicare le specifiche del metodo matematico ad ogni altra forma di sapere.
Da tali premesse il filosofo giunge a definire le regole generali del metodo e le spiega in dettaglio appunto nella sua opera intitolata "Discorso sul metodo".
La prima di tali regole é quella dell'evidenza, esplicitata da Cartesio come la necessità che la mente umana non accolga niente come vero se non dotato di chiarezza e distinzione, cioè che non sia immediatamente evidente: così come condizione matematica necessaria è che si parta da premesse indubitabili per poi giungere a definizioni, postulati e assiomi allo scopo di dimostrare la veridicità di un teorema, anche il sapere scientifico, di qualsiasi tipo sia, deve necessariamente rispettare lo stesso prerequisito ed evitare giudizi preconcetti o troppo frettolosi che non siano aldilà di qualsiasi dubbio.
La seconda regola é quella dell'analisi che impone di scomporre ogni problema complesso in parti più semplici allo scopo di applicare a ciascuna parte la regola dell'evidenza: ciò vale per Cartesio per risolvere qualsiasi tipo di compito o di difficoltà, permettendo allo studioso di non tralasciare alcun aspetto saliente di un problema o di un ragionamento.
La terza regola del metodo cartesiano é rappresentata dalla sintesi che consiste nel ricomporre il problema iniziale, scomposto in precedenza durante l'analisi, partendo dalle parti più semplici, per giungere poi via via a quelle più complesse: un'equazione, per esempio, o un ragionamento presentano una serie di passaggi intermedi da risolvere, ma nella soluzione finale tutti i passaggi intermedi riacquistano una visione d'insieme, unitaria, allo scopo di risolvere il problema iniziale.
La quarta e ultima regola é quella delle enumerazioni e delle revisioni, in cui lo studioso deve ripercorrere tutti i passaggi svolti del problema allo scopo di verificare di non aver tralasciato di considerare qualche dato importante, compromettendo in tal caso tutto l'esito del suo lavoro.
Secondo Cartesio, quindi, la conoscenza così dedotta da principi immediatamente evidenti sarà non soltanto certa ed evidente, ma anche completa, in quanto esaurisce tutta la conoscenza possibile.
In precedenza Galileo aveva affermato nel Dialogo sopra i due massimi sistemi che, mentre la conoscenza di Dio risulta essere assolutamente superiore a quella dell'uomo in merito alla vastità delle conoscenze (extensive), si qualifica come pari a quella umana per certezza e profondità (intensive). Cartesio afferma, invece, a differenza di Galileo, che il metodo cartesiano di tipo deduttivo, se ben utilizzato, sia in grado di permettere all'uomo una conoscenza esaustiva e completa di ogni forma di realtà conoscibile dall'uomo. L'aspetto cruciale, però, del metodo cartesiano risiede nel trovare una verità assolutamente a prova di dubbio, capace di poter fondare l'intero edificio della conoscenza con fondamenta solide e universalmente condivisibili.

Cartesio: dal dubbio metodico alla prima certezza.

Per individuare un punto di partenza che sia al riparo da qualsiasi dubbio, é necessario per Cartesio mettere in discussione tutte le false certezze che derivano dalla tradizione, dall'educazione e dal senso comune: tutta la realtà deve essere sottoposta al vaglio critico della ragione e superare le critiche più radicali allo scopo di dimostrare la propria certezza ed evidenza. Cartesio, a questo proposito, parla di dubbio metodico, che non consiste in un atteggiamento scettico, cioè nel credere che l'uomo non sia in grado di conoscere nulla di certo e di sicuro durante la sua esistenza, ma è la strada che Cartesio indica per raggiungere conoscenze certe e autoevidenti. Prima però di demolire l'edificio del sapere tradizionale per costruirne uno nuovo, Cartesio sottolinea la necessità di definire una morale provvisoria: perché se dal punto di vista del conoscere l'uomo può non avere delle certezze e, nel frattempo che le cerca nel nuovo sapere scientifico, può vivere ugualmente bene accontentandosi delle sole opinioni, dal punto di vista della morale, invece, non può evitare di agire o di compiere delle scelte rispetto a regole, in attesa di giungere a delle certezze morali o a delle verità.
Proprio per questo motivo Cartesio esprime tre famose massime o consigli all'uomo:
- la prima massima dice: "Bisogna obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, praticando la religione in cui si è stati educati sin dall'infanzia e seguendo le opinioni più moderate";
- la seconda massima recita: "Bisogna essere sempre fermi e risoluti, per quanto è possibile, nelle proprie azioni e seguire anche le opinioni più dubbie, una volta che le si abbia accettate";
- la terza massima dice: "Bisogna vincere sempre piuttosto se stessi, che la fortuna e cambiare i propri desideri piuttosto che l'ordine delle cose del mondo".
Questa morale provvisoria decisamente prudente secondo Cartesio deve rispecchiare la moderazione e l'umiltà dell'uomo che sa di essere ancora in cerca di certezze morali e che evita attivamente ogni coinvolgimento politico: il filosofo, tuttavia, nel suo pensiero successivo, non svilupperà questa concezione morale, ma nella sua opera, intitolata Le passioni dell'anima, modificherà queste posizioni iniziali. Definita la morale provvisoria, in attesa di essere sostituita da delle norme morali certe ed universali, Cartesio inizia la ricerca del fondamento del sapere esaminando le diverse fonti di conoscenza e sottoponendole ad una critica rigorosa.
Cartesio nella sua analisi esamina quindi i sensi e la sensazione, la fonte di conoscenza più semplice ed elementare che l'uomo condivide con gli animali, affermando che tale conoscenza non è certamente al riparo da dubbi e da errori, ne sono un esempio le allucinazioni e le illusioni ottiche.
Simili inganni sensoriali, secondo Cartesio, potendo ingannare spesso, ci indicano la possibilità che i sensi possano ingannarci sempre. Un esempio di ciò può essere visto immergendo una matita all'interno di un bicchiere d'acqua: l'illusione sensoriale ci farà vedere la matita spezzata in due parti, mentre in realtà non è assolutamente così e la matita invece è completamente intatta; altri esempi di tali inganni sono i miraggi che si possono vedere nel deserto, i sogni o i deliri dovuti a sostanze o dovuti a febbre alta.
Anche la ragione però, secondo Cartesio, non è esente da dubbi: spesso ci capita di fraintendere quanto ci viene detto dagli altri, o di esprimere giudizi errati nonostante conosciamo le corrette regole di ragionamento.
Cartesio, non soddisfatto da tale esame delle varie fonti di conoscenza, radicalizza il dubbio, ipotizzando l'esistenza di un genio maligno che voglia ingannarci intenzionalmente, un genio talmente potente da farci apparire come verità e certezze i propri inganni.
Se tutto ciò fosse vero, l'uomo sarebbe totalmente incapace di smascherare il genio maligno e quindi del tutto incapace di dubitare. Tale ipotesi prende il nome di dubbio iperbolico, cioè di un'ipotesi assurda e surreale, ma finalizzata a trovare l'unica certezza indubitabile: il cogito appunto. Il cogito scaturisce infatti quale unica certezza al di sopra di qualsiasi dubbio in quanto dubitare, dice Cartesio, è già pensare, il pensare necessita l'esistenza di un soggetto pensante: Cogito ergo sum (penso, dunque esisto); è proprio il nostro dubbio la testimonianza più certa del nostro esistere in quanto res cogitans, cioè sostanza pensante: la prima certezza emersa dal dubbio è la nostra esistenza in quanto esseri pensanti.
Partendo da questa prima verità indubitabile, Cartesio costruisce l'edificio della nuova conoscenza scientifica mediante l'uso del metodo deduttivo. Ma se la res cogitans risulta essere certa ed auto evidente, non così si può affermare della materia e dei corpi, che Cartesio chiama res extensa o sostanza materiale.
Cartesio, pur non potendo affermare l'evidenza della materia, può comunque definirla come sostanza in quanto esiste in modo autonomo, senza aver bisogno di nient'altro, individuando così un dualismo tra due realtà tra loro inconciliabili: il pensiero e la materia. È proprio la res cogitans il fondamento della morale, poiché la sua volontà non è determinata da altro: la res cogitans è libera e capace di scegliere e di essere responsabile delle proprie decisioni.

Cartesio e la geometria analitica.

Cartesio, oltre che essere un eminente filosofo che assume la matematica come modello di riferimento per costruire il proprio metodo conoscitivo, contribuisce lui stesso allo sviluppo della conoscenza matematica. Egli viene infatti considerato il padre della geometria analitica, anche se in contemporanea con lui, nello stesso periodo e in modo del tutto indipendente, anche Pierre de Fermat stava lavorando sullo stesso argomento.
La geometria analitica, combinando la geometria con l'analisi algebrica, permette di definire un sistema di coordinate per rappresentare le funzioni algebriche su di un piano, traducendole poi in curve geometriche. Grazie ad un sistema di coordinate che da Cartesio prende il nome (le famose assi cartesiane costituite da due rette perpendicolari il cui punto di intersezione é chiamato origine), diventa possibile individuare qualsiasi punto su di un piano a due dimensioni tramite una coppia di numeri, indicandone la distanza dall'asse verticale delle ordinate e da quello orizzontale delle ascisse: in tal modo, grazie a Cartesio, diventa possibile rappresentare in forma grafica sia delle equazioni, che delle funzioni algebriche. Cartesio dimostrò, inoltre, che ad ogni funzione algebrica corrisponde una curva geometrica ben determinata e viceversa.
La geometria analitica costituisce uno strumento molto importante per il calcolo infinitesimale e sarà utilizzata in seguito nelle geometrie non euclidee.
Cartesio si dedicò anche a rivoluzionare il sistema di notazione matematica introducendo, tra l'altro, l'esponente per indicare l'operazione di elevazione a potenza, l'uso delle prime lettere dell'alfabeto per indicare le costanti e delle ultime per indicare le incognite.