venerdì 24 novembre 2023

Leibniz 1 - La matematica e l’arte combinatoria.

Classi 4°A/B/C Linguistico

Leibniz: introduzione.

Il problema centrale da cui Leibniz parte nella sua riflessione filosofica é quello della sostanza individuale di cui né la scienza, né tantomeno il pensiero filosofico di Cartesio, si erano occupati.
La critica che Leibniz muove alla scienza in generale, e alla fisica in particolare, é rivolta alla mentalità scientifica che coglie esclusivamente gli aspetti quantitativi e misurabili della realtà, ma non ritiene importanti gli aspetti qualitativi della stessa, cioè tutti quegli aspetti della realtà che differenziano i diversi individui e che non rappresentano dati misurabili.
Leibniz, inoltre, critica il pensiero di Cartesio, sopratutto in riferimento alla sua fisica, che aveva definito la materia come semplice estensione intesa in termini geometrici.
Secondo Leibniz, invece, ogni sostanza é unica e comprende in sé tutte le sue determinazioni. Da tali premesse Leibniz deriva la nozione di monade, intesa quale sostanza autonoma e individuale, incapace però di comunicare direttamente con le altre, pur essendo in armonia con le altre monadi tramite l'amore di Dio.
Alla concezione di monade Leibniz giunge attraverso l'analisi di diversi ambiti del sapere umano:
- l'ambito della logica e del pensiero, l'ambito teologico, quello delle scienze fisiche e di quelle biologiche.
Sarà proprio da tali premesse che il filosofo svilupperà diverse problematiche: il problema dell'essere e di Dio, la conoscenza, l'origine della libertà umana e il problema del male nel mondo.
Nel pensiero di Leibniz, come del resto era stato per Cartesio, e in genere per tutti i Razionalisti, Dio occupa un posto centrale in quanto unico garante dell'accordo puntuale tra tutte le monadi.
Si vedrà poi che Dio, nel pensiero di Leibniz, non ricopre alcun ruolo invece di provvidenza, cioè non interviene in alcun modo nella natura o nella storia.
L'accordo perfetto tra le monadi é conseguenza della creazione divina, in quanto Dio stesso ha previsto quale sarebbe stato lo sviluppo di tutta la realtà: Leibniz paragona Dio ad un artigiano che, dopo aver costruito ogni orologio con ingranaggi perfetti e avendolo reso capace di funzionare in modo autonomo, non deve intervenire successivamente a regolarne l'ora in quanto ogni singolo orologio fa tutto da sé. Ciò permette a Leibniz di affermare che il nostro é il “migliore tra tutti i mondi possibili” anche se imperfetto, visto che é opera di un Dio onnipotente, onnisciente e buono.
Ma sarà da queste tesi che scaturiranno importanti problemi: se il nostro mondo é il migliore tra tutti gli ipotetici mondi possibili, Leibniz dovrà trovare una spiegazione ragionevole della presenza del male nel nostro mondo, così come del problema della libertà umana: alla risposta a tali problemi Leibniz dedicherà un'opera importante, cioè la Teodicea.

Il metodo: matematica e arte combinatoria.

Sin dal 1666 Leibniz mostra uno spiccato interesse per gli studi di logica scrivendo un'opera intitolata Dissertazione sull'arte combinatoria che tanta influenza eserciterà sugli sviluppi del suo pensiero successivo. Nei suoi primi scritti di logica, Leibniz progetta una riforma dell'intero sapere umano, ricercando una caratteristica universale che sia in grado di unificare tutti i diversi saperi frammentari e specialistici mediante l'uso di una lingua universale in grado di esprimere qualsiasi concetto sotto forma di simboli onde poter evitare i frequenti fraintendimenti ed equivoci tipici del linguaggio umano. Tale sistema di segni avrebbe avuto il compito sia di esplicitare le nozioni più semplici, sia quelle più complesse mediante la loro combinazione.
Dopo aver esaminato vari tipi di simboli, Leibniz reputa la matematica quale forma di linguaggio simbolico in grado di poter soddisfare tutte le caratteristiche richieste dall'eterogenea varietà di saperi specialistici: le notazioni matematiche rappresentano, infatti, un linguaggio universale completo e facilmente disponibile a chiunque si interessi da studioso a un qualsiasi campo del sapere, essendo in grado di garantire la massima precisione e l'univocità universale dei segni utilizzati. Leibniz assegna così ai numeri primi, cioè quei numeri scomponibili soltanto per sé stessi e per l'unità, la funzione di simboli o segni elementari più semplici, in modo tale da permettere che ogni concetto complesso possa essere ricondotto ai numeri primi che lo costituiscono mediante la scomposizione in fattori. Se noi volessimo definire il concetto complesso di uomo, secondo Leibniz, dovremo scomporlo nei suoi fattori più semplici, associando al termine più generale di «animale» il segno 2 e a quello più specifico «razionale» il segno 3: in tal modo il concetto di “uomo” sarebbe rappresentato dal prodotto dei numeri 2 e 3, cioè 6, che rappresenterebbe in modo sintetico il concetto che vogliamo definire, ovviamente sarebbe possibile anche l'operazione inversa se fossimo interessati alla definizione di “razionale” o di “animale”.
Il progetto di Leibniz di costruire un linguaggio simbolico e universale non riuscirà mai a compiersi, ma costituisce le fondamenta sia della logica, che della metafisica del filosofo:
- dal punto di vista logico Leibniz afferma che ogni soggetto deve includere implicitamente tutti i propri predicati;
- dal punto di vista ontologico e metafisico Leibniz afferma che ogni sostanza deve già contenere in sé tutti i propri attributi.
Partendo da tali presupposti Leibniz definisce ogni possibile verità come analitica, in grado cioè di essere conosciuta a priori dall'uomo: ciò permette al soggetto conoscente di indagare e spiegare la realtà senza ricorrere all'esperienza, mediante il metodo della scomposizione analitica. Tale concezione razionalistica, rendendo marginale l'apporto dell'esperienza nell'indagine conoscitiva umana, fonda esclusivamente sulla ragione umana il fondamento di ogni conoscenza.
Leibniz é convinto che, partendo dal calcolo combinatorio, sarà possibile evitare ogni ambiguità o vana discussione tra studiosi per fondare un sapere certo e inconfutabile.
Da tale certezza Leibniz ipotizza la possibilità di riunire tutto il sapere umano in modo organico all'interno di un'enciclopedia in grado di favorire il progredire del sapere e il miglioramento della vita umana.

Dal problema della sostanza individuale alla monade.

Leibniz parte dal problema della sostanza individuale, che poi chiamerà monade, nel tentativo di definire cosa sia la sostanza in modo diverso dalla definizione che ne aveva dato Cartesio. Leibniz, infatti, critica la concezione di sostanza impersonale di Cartesio che demoliva sia il concetto di responsabilità individuale dal punto di vista morale, ma che sopratutto aveva ridotto l'universo ad una serie di dinamiche generali astratte in cui scompariva il significato dei singoli individui, delle singole scelte morali e dei singoli fatti storici.
Se nel pensiero cartesiano l'individualità era sacrificata in nome di un'interpretazione del mondo strettamente meccanicistica in cui l'uomo stesso veniva considerato poco più che una macchina pensante omologata a tutti gli altri individui, nel pensiero di Leibniz, invece, il senso dell'originalità dell'individuo, definito quale sostanza individuale, tenta di recuperare la libertà e l'importanza di ogni essere proprio nelle differenze peculiari che lo contraddistinguono.
La stessa critica, di aver ignorato l'importanza dell'individualità, Leibniz la muove al nuovo sapere scientifico, reo di aver ridotto gli individui a pura massa, peso, quantità misurabili in campo fisico, ignorandone la specificità, considerando il loro essere individui non distinto da tali grandezze fisiche.
Secondo il filosofo la spiegazione fisica non può precludere dall'indagine fondata sulle essenze, su ciò che non è semplicemente riconducibile ai soli corpi materiali: se la prima é necessaria per capire i fenomeni, cioè il “come” funziona il mondo, la seconda forma d'indagine si interroga sul “che cosa é” il mondo, da che cosa ha avuto origine e quale é il suo destino o significato.
In tal modo la visione finalistica della realtà non si oppone totalmente a quella meccanicistica, ma la completa: é infatti utile conoscere l'anatomia e la fisiologia umana, ma é altrettanto utile ricercare gli scopi dell'agire umano in termini di cause e di obiettivi non spiegabili in termini meccanici.
Leibniz rivendica quindi la necessità di indagare l'uomo in quanto individuo, dotato di entrambi gli aspetti, nella sua globalità.
Sul problema della definizione della sostanza individuale, Leibniz scrive in un'opera intitolata Discorso di metafisica del 1686 in cui affronta il problema da diversi punti di vista: logico,   teologico, fisico e biologico. Esplorando questi quattro diversi ambiti, Leibniz giunge a delineare le caratteristiche della sostanza individuale o monade.
Il punto di partenza dell'indagine sulla sostanza di Leibniz parte proprio dal piano teologico con la nozione di Dio. Secondo il filosofo, Dio agisce in modo perfetto, in quanto essere dotato di ogni perfezione, e non può non aver fatto tutto per il meglio: nonostante l'uomo non sia in grado di penetrare e di comprendere le insondabili motivazioni dell'agire divino, tuttavia la ragione umana nutre cieca fiducia sul fatto che regni un ordine nell'universo e che, tale ordine, sia stato ottenuto con i mezzi più semplici possibili, per l'esigenza dell'uomo di ricercare sempre spiegazioni semplici anche per spiegare fenomeni complessi, evitando soluzioni di pensiero astruse o troppo complicate.
Per Leibniz ogni avvenimento é razionale e regolare ed é quindi possibile rinvenire la regola che guida tale razionalità dell'universo: nulla quindi del reale può sottrarsi a tale ordine o avvenire in modo semplicemente casuale. Nulla quindi, per il filosofo, avviene a caso, ma tutto ciò che accade nel mondo ha una sua possibile spiegazione logica, anche se non sempre secondo una semplice concatenazione di causa-effetto. Ciò porta Leibniz ad affermare che la fisica di Newton e di Cartesio, ben lungi dal poter dare conto di ogni forma di realtà, risultano essere incapaci di spiegare tale ordine del mondo in cui nulla, per quanto possa apparire contingente o casuale, risulta essere privo di significato. Leibniz, preso atto di ciò, afferma che la nozione di sostanza dovrà quindi fornire una spiegazione logica di tutti gli eventi che si producono o che potrebbero prodursi nel nostro mondo.

La monade e la logica.

Spesso i critici del Novecento riferendosi al pensiero di Leibniz lo hanno definito “panlogicismo” ad indicare la tendenza di Leibniz di far derivare tutta la sua metafisica da presupposti logici: la logica costituisce infatti il fondamento sottostante alla definizione della sostanza.
In uno degli ultimi scritti logici di Leibniz, intitolato Ricerche sull'analisi delle nozioni e delle verità, egli introduce un concetto che avrà primaria importanza nel suo pensiero successivo: la distinzione tra proposizioni necessarie e proposizioni esistenziali.
Leibniz definisce necessarie quelle proposizioni o giudizi in cui non é possibile affermare una realtà diversa da come si presenta o da come l'uomo può conoscerla, poiché non sarebbe possibile definirla in modo diverso in quanto esprimeremmo dei giudizi contraddittori, come ad esempio nella definizione di triangolo in cui non possiamo affermare che abbia un numero diverso di lati, dal momento che, se tale affermazione risultasse vera, esso cesserebbe di essere un triangolo e diverrebbe un'altra figura; o come l'affermazione matematica 2+2=4, in cui affermare che il risultato é 6, sarebbe in contraddizione con le regole delle somme: ogni giudizio che l'uomo non può esimersi dal dare e che non può né controllare, né modificare a proprio piacimento, costituisce quindi una proposizione necessaria.
Al contrario Leibniz afferma che le proposizioni esistenziali sono quei giudizi che, non legati da alcuna necessità, sono influenzati dalle contingenze e dalle esperienze del momento e la cui espressione contraria non risulta essere contraddittoria; tale è per esempio l'affermazione "mi piacciono gli spinaci" e "non mi piacciono gli spinaci" in quanto entrambe le affermazioni, pur essendo tra loro contrapposte, possono essere espresse entrambe dallo stesso individuo o da persone diverse senza per questo incorrere in affermazioni illogiche o contraddittorie.
Dal punto di vista logico é possibile distinguere tra proposizioni necessarie e proposizioni esistenziali in quanto mentre delle prime é sempre possibile dimostrare la verità, come avviene per le verità matematiche, le seconde, invece, non sono dimostrabili in modo certo in quanto rimandano a tutta una serie di cause contingenti che possono verificarsi oppure no: l'uomo, infatti, dovrebbe poter conoscere tutte le determinazioni di un dato evento per poterlo dimostrare in modo necessario, ma essendo l'uomo finito e limitato, risulta incapace di poter ricostruirle tutte e di comprendere tutti gli eventi che possono o meno verificarsi in relazione all'unico che vuole dimostrare.
Leibniz, partendo da tali presupposti, formula la distinzione tra verità di ragione e verità di fatto: le prime si possono accertare mediante la semplice analisi del concetto (ad esempio dal concetto di triangolo si può ricavare la misura della somma dei suoi angoli interni); le seconde, essendo contingenti, possono essere accertate soltanto tramite l'esperienza o la storia.
In realtà anche le verità di fatto, secondo Leibniz, sarebbero già contenute nel soggetto e determinabili a priori, come le verità matematiche, ma soltanto Dio può ricavare da ogni concetto tutte le sue determinazioni in modo compiuto, mentre l'uomo, essendo limitato e soggetto alle contingenze, non può accedere a tali verità senza l'esperienza e, anche quando gli é possibile, può accedervi solo in modo limitato: ciò che infatti per l'uomo é semplice verità di fatto, per Dio, in quanto ne conosce in profondità la vera natura, é semplice verità di ragione.
La definizione di sostanza in Leibniz rimanda al principio logico secondo cui tutti i predicati sono sempre compresi nel soggetto e che la formulazione di un giudizio, cioè l'attribuzione di un qualsiasi predicato ad un soggetto, é sempre analitica, in quanto esplicita qualcosa che il concetto conteneva in precedenza già in sé stesso in modo compiuto: ogni giudizio che noi esprimiamo sulla realtà deve sempre essere già contenuto dentro il soggetto, altrimenti tale predicato non é logicamente esprimibile (ad esempio dire di una rosa che é gialla significa che il colore giallo era già insito nel colore della rosa e che il nostro giudizio ha scelto uno dei tanti predicati possibili della rosa, ma se non si potessero concepire delle rose gialle, il nostro giudizio sarebbe logicamente non attendibile, non potendo attribuire alla rosa una qualità che in origine non le appartiene).
Lo stesso ragionamento Leibniz lo trasporta anche in ambito metafisico affermando che i predicati sono tutti attributi della sostanza che una certa sostanza deve possedere per poter mantenere inalterata la propria identità; Leibniz introduce però rispetto alla logica aristotelica la novità di considerare anche ciò che una sostanza fa o farà quale attributo di quella sostanza al pari di tutte le altre qualità che la contraddistinguono in quanto tale.
Tra verità di ragione e verità di fatto non esiste alcuna differenza riguardo al rapporto soggetto-predicato, né al modo di conoscerle, cioè mediante il metodo analitico e deduttivo. Esiste però una differenza sostanziale, valida anche per Dio, in quanto, mentre le verità di ragione sono necessarie e non possono esistere diversamente da come sono, né tanto meno si può pensarle come non esistenti perché ciò sarebbe contraddittorio, le verità di fatto sono invece contingenti e potrebbero essere diverse da come sono o anche non esistere affatto.
Tuttavia anche le verità di fatto hanno la loro ragione d'esistere: mentre le verità di ragione si basano sul principio logico di identità e non possono essere diversamente da come sono (A=A), (una rosa é una rosa e non può mai essere qualcosa d'altro); le verità di fatto si fondano sul principio di ragion sufficiente, secondo il quale ogni cosa che accade ha un buon motivo per accadere e per essere accaduta in un dato modo e non in un altro.
Secondo Leibniz nulla accade nell'universo per caso o senza una possibile spiegazione: ogni avvenimento contingente risulta essere determinato da tutti gli eventi precedenti ed é quindi razionale e determinato nei fatti, anche se rimane contingente in quanto, se accadesse il suo contrario, non ci sarebbe alcuna contraddizione.
Nella nozione di monade o di sostanza individuale per Leibniz non solo é compreso tutto ciò che di essa si può affermare con verità, ma essendo collegata con tutte le altre, la sua analisi e il suo concetto rimandano all'universo nel suo insieme.
Ogni monade, quindi, é una individualità unica, diversa da ogni altra anche se per differenze impercettibili, contiene in sé tutto ciò che ha vissuto, che vive e che vivrà, per cui nell'interno di ogni monade c'é la storia dell'intero universo, vista però secondo una prospettiva particolare (come ad esempio se uno stesso raggio luminoso fosse riflesso da una miriade di prismi di cristallo che ne presentano angolazioni e rifrazioni diverse ma che, comunque, riflettono tutti la stessa luce e nello stesso momento).
Ogni monade quindi percepisce con maggior chiarezza gli eventi che le sono più vicini nel tempo e nello spazio, percependoli da un proprio punto di vista particolare e in connessione con il resto dell'universo, mentre percepisce gli eventi ad essa più lontani come meno chiari e meno collegati direttamente con la propria esistenza.
Leibniz nella sua opera, intitolata Discorso di metafisica, oltre all'indagine sulla sostanza, presenta la fondazione metafisica e teologica su cui é basata la sua riflessione: l'esistenza di infiniti mondi, moltiplicati dalle sostanze individuali, é testimonianza della gloria di Dio, ma é anche l'esaltazione dell'individualità, in quanto ogni essere é in rapporto con tutti gli altri, quindi é in grado di influenzarne il destino. Ciò porta Leibniz a sostenere che ogni azione del singolo ha una portata universale perché, anche se in modo impercettibile, esercita un'influenza determinante sul presente, ma anche sul futuro di tutti gli altri esseri.
Dall'individuo più famoso a quello più anonimo i cambiamenti, anche quelli meno evidenti e quasi impercettibili, le quantità infinitesimali, risultano essere significative.
Tutto ciò porta Leibniz ad affermare che ogni individuo é unico e irripetibile ed é connesso con l'intero universo che, a sua volta, si rispecchia nel singolo individuo, anche se questo non significa che la sostanza possa compiere o subire azioni.