Classi 5°A/B/C Linguistico - Lez. 7
Schelling e Il rapporto tra l'Assoluto e il finito: filosofia dell'identità e filosofia della libertà.
Mentre Schelling ha chiarito il passaggio dalla Natura allo Spirito e la derivazione conseguente della Natura dallo Spirito, rimane aperta, invece, la definizione dell'Assoluto che viene inteso come semplicemente distinto dalla loro somma: manca quindi la definizione del momento originario dal quale far derivare entrambi.
A partire dal 1801 nell'opera intitolata l'Esposizione del mio sistema scientifico, Schelling sottolinea la necessità di fondare l'intero sistema su un Assoluto che non sia ancora ne' Natura e ne' Spirito, ma da cui entrambi possano essere dedotti. L'Assoluto viene definito come identità indifferenziata e questa fase della sua filosofia costituisce la filosofia dell'identità.
Questa concezione viene perfezionata in un'altra opera, intitolata Filosofia e religione del 1804, in cui l'Assoluto viene definito come identità di reale e ideale, di aspetto soggettivo, Spirito, e oggettivo, Natura, mentre la realtà finita e' data dalla separazione tra i due termini: l'Assoluto risulta quindi distinto dalla natura e dallo Spirito e diventa Dio. Il problema successivo e' rappresentato dall'eterogeneità tra Assoluto e finito e come il finito abbia avuto origine da esso. Richiamandosi al pensiero platonico, Schelling ritiene che soltanto le idee delle cose possano direttamente derivare dall'Assoluto, mentre le cose, la materia e gli individui rappresentano la decadenza delle idee. Tale processo non è lineare, ma implica un salto, un'uscita del finito dall'infinito. La causa di tale salto e' ricondotta alla colpa del finito, a una sorta di peccato originale in seguito al quale l'esistente si separa dall'ente, dall'essere necessario. La caduta porta all'isolamento dell'essere dal tutto, al chiudersi in se' stesso, che secondo Schelling si traduce in fenomeno fisico per diventare magnetismo negli organismi e forza centrifuga nei corpi celesti. In ambito morale invece la caduta trova la sua espressione nel peccato originale. Il massimo allontanamento dall'Assoluto coincide con l'inizio del ritorno ad esso: l'intero universo e l'intera storia umana vengono presentate come un processo di ricongiungimento con l'Assoluto. Il passaggio dall'universale, le idee, al particolare, le cose, come caduta causata dalla colpa del finito non propone però alcuna giustificazione della colpa, del peccato e del male che esso implica. Partendo dalla definizione di Assoluto come identità, Schelling sottolinea come in esso convivono gli opposti che si differenziano solo nel mondo reale. In tal modo l'Assoluto e' contraddizione: Dio e' bene e razionalità, ma presenta anche un aspetto oscuro e irrisolto, un principio inconscio che ne determina la caduta e il divenire nel mondo. Dio inizia quindi un recupero di se' come essere personale, un recupero che si manifesta come un processo di redenzione cosmica: un Dio in divenire, dunque, che deve riappropriarsi di se', risolvendo gli aspetti oscuri e contraddittori del suo essere. La dinamica conscio/inconscio già presente nella prima fase del pensiero di Schelling, tra Natura e Spirito, assume ora una dimensione cosmica che riguarda non solo Dio, ma tutta la realtà esistente. Il problema del male e della sua origine, attribuita a una colpa originaria del finito, e' adesso ricondotto alla stessa natura divina: Dio e' conscio e inconscio, bene e male, ha una componente inconsapevole da rimuovere, dal quale si origina il finito, la materia viene intesa come il lato oscuro di Dio. Dio, quindi, in origine e' imperfetto e deve realizzarsi nella storia. Schelling descrive il bisogno di Dio di lottare per chiarire se' stesso, per diventare un essere storico il cui sviluppo è il mondo. Lo Spirito agisce sulla materia per organizzarla e ricondurla alla coscienza.
Lo stesso processo riguarda anche l'uomo: anche lui è conscio e inconscio, la sua vita e' lotta per raggiungere un sempre più elevato grado di coscienza che non può mai realizzarsi completamente. Come in Dio, anche nell'uomo, esiste un fondamento inconscio da riscattare che è negatività e fonte di inquietudine, ma anche dinamicità e vitalità.
La filosofia positiva.
A partire dal 1841 Schelling opera un'ulteriore svolta al suo pensiero proponendo quella che chiama filosofia positiva. Con questa concezione egli vuole contrapporsi alla filosofia negativa, cioè al pensiero precedente e alla Logica di Hegel, che si era più preoccupata delle essenza delle cose e della loro possibilità logica, senza preoccuparsi della loro esistenza reale. Schelling infatti critica la tendenza della filosofia negativa a risolvere tutta la realtà nei concetti astratti e nello sviluppo logico del pensiero, dove l'identificazione di reale e ideale, elaborata da Hegel, ne rappresenta lo sviluppo più maturo e coerente.
L'intento di Schelling e' quello di mostrare i limiti della conoscenza logica e di indicare la strada attraverso cui cogliere Dio e le cose nella loro realtà concreta. Poiché l'Assoluto si identifica con il tutto, esso non può essere identificato in nessuna realtà determinata, neppure con Dio. Anche Dio infatti è un essere, mentre l'Assoluto che precede l'essere, deve essere indeterminato. Se l'Assoluto non può essere definito, esso può autodefinirsi, diventando mondo. Il passaggio dall'Assoluto al mondo e' ora un processo di libera creazione: rappresenta una scelta libera dell'Assoluto che l'uomo può soltanto ripercorrere e rivivere come conoscenza, ma senza poter intervenire, nemmeno a livello inconscio. La conoscenza non è, per Schelling, conoscenza dell'Assoluto da parte dell'uomo, ma è l'Assoluto che conosce se' stesso tramite l'uomo.
L'uomo può conoscere le condizioni dell'esistenza, cioè la filosofia negativa, ma non può conoscere perché la realtà esista in forme specifiche (filosofia positiva), essendo queste determinate unicamente dalla libera volontà dell'Assoluto. La conoscenza positiva e' possibile solo se comunicata dall'Assoluto stesso attraverso il mito e la rivelazione.
Il mito e la rivelazione per Schelling sono i canali su cui si costruisce la filosofia positiva.
Il mito, già importante nella fase dell'Idealismo trascendentale, diventa ora una delle manifestazioni di Dio nella storia. Il mito non rappresenta un'allegoria (da allo's = altro), cioè non nasconde un significato recondito esterno, ma una tautegoria (da tayto'= lo stesso), cioè presuppone che il significato sia interno al mito stesso e che emerga da esso, preparando alla rivelazione. La mitologia, intesa come religione naturale, non è
prodotta dagli uomini, ma è la manifestazione di Dio che, attraverso la coscienza umana, cerca se' stesso. La rivelazione sottrae la religione alla razionalità astratta della filosofia negativa e la colloca nella storia, nel mondo dei fatti e dell'esistente, che non può essere dedotto, ma solo accertato. Attraverso la rivelazione Dio incontra l'uomo sul piano dell'esistenza.