venerdì 22 dicembre 2023

Lezione 33 - Esistenzialismo 2: Esistenzialismo francese e Sartre.

Classi 5° A/B/C Linguistico - Lez. 33

L'esistenzialismo francese.


Sartre: vita e opere.


Jean Paul Sartre nasce a Parigi nel 1905. Comincia a lavorare come insegnante nei licei di Le Havre e Parigi. Si reca in Germania, tra il 1933 e il 1934, per studiare la fenomenologia. La conoscenza della fenomenologia e del pensiero di Heidegger sono decisivi per la maturazione in Sartre di un suo proprio pensiero. La prima opera di Sartre, nata dallo studio dei filosofi tedeschi, è La trascendenza dell'ego (1933-34) cui seguono altre opere minori. Egli giunge al successo grazie a due testi letterari: il romanzo La nausea, del 1938, e la raccolta di racconti Il muro (1939). Essi in qualche modo esprimono quell'esistenzialismo che Sartre va elaborando e che vede la sua formulazione filosofica compiuta in L'essere e il nulla (1943) e la sua versione divulgativa in L'esistenzialismo è un umanismo (1946), frutto di una famosa conferenza che egli tiene nell'ottobre 1945. Nel frattempo, durante la Seconda guerra mondiale, Sartre viene richiamato alle armi. Catturato dai tedeschi, viene deportato in Germania. Fuggito e ritornato in patria, Sartre fonda con Merleau-Ponty il gruppo di resistenza "Socialismo e libertà". Nel 1944 é eseguita la prima della sua pièce teatrale Porta chiusa. Dopo la liberazione, nel settembre 1944 fonda"Le Temps Modernes", la rivista che egli dirige con Merleau-Ponty. Tra i suoi pamphlet politici, uno dei più importanti è I comunisti e la pace (1952). Esso segna il suo avvicinamento al Partito comunista e la rottura dell'amicizia con Merleau-Ponty. Quanto alla sua produzione letteraria, tra i titoli più importanti nel dopoguerra si devono ricordare: Il diavolo e il buon Dio (1951), I sequestrati di Altana (1960), Le Troiane (1965), L'idiota della famiglia. Flaubert dal 1821 al 1857 (1972). Nel 1960 esce la Critica della ragion dialettica, la sua opera filosofica della maturità. Nel 1964 rifiuta il premio Nobel. Sartre muore nel 1980. La sua più importante opera postuma sono i Quaderni per una morale (1983).


Sartre: la filosofia e la vita.


Filosofo e romanziere, la figura di Sartre è forse la più nota tra quelle degli esistenzialisti. Tenace fautore di una filosofia che riguardi la vita, ha restituito una delle più tragiche visioni dell'uomo nel romanzo La nausea, che rende drammaticamente concreta, nella figura di Antoine Roquentin, la situazione dell'uomo che coglie l'assurdità del reale. Ciò che sta davvero a cuore a Sartre è un filosofare che c'entri con la vita. La filosofia più diffusa in Francia, al tempo della sua formazione filosofica, è però lo spiritualismo di Bergson, che non sembra però in grado di soddisfare l'aspirazione di Sartre. È così che rimane profondamente colpito dal filosofo e sociologo Raymond Aron, quando questi gli dice che ciò che lui cerca esiste davvero: si tratta della fenomenologia. Sartre decide perciò di andare a Berlino a studiare la fenomenologia in modo approfondito. Una filosofia che c'entri con la vita deve dare conto della libertà. Esiste in Sartre un profondo e insopprimibile anelito alla libertà, all'assenza di ogni legame vincolante imposto dall'esterno. Tale bisogno è in Sartre, prima che una teoria, un modo di concepire se stesso. La proclamazione della libertà - innanzi-tutto porta Sartre da un lato ad uno strenuo individualismo, che è la vera radice della sua simpatia per l'anarchia, intesa come una società senza poteri; dall'altro, all'acuta esigenza di lottare contro la cultura borghese, che egli avverte piena di compromessi e di obblighi sociali. Entrambi questi elementi sono presenti nei suoi scritti, sia in quelli strettamente filosofici, sia in quelli letterari. L'espressione più lucida, matura e originale del periodo trascorso da Sartre a Berlino è il libro La trascendenza dell'ego. In esso Sartre polemizza con quelle filosofie che hanno conferito all'Io una funzione privilegiata. È questo il caso, ad esempio, di Cartesio, di Kant, dell'Idealismo. In realtà, sostiene Sartre, l'Io non è indispensabile né come centro, né come fondamento dei processi coscienti. L'Io insomma non deve essere concepito come un supporto dei fenomeni psichici. Ogni istante della vita rappresenta il momento di una creazione ex nihilo, dal niente, in cui però il singolo non svolge il ruolo di creatore. Su tali basi, Sartre rimprovera a Husserl di aver introdotto un Io trascendentale che, oltre ad essere superfluo, lo ha portato all'intimismo e al solipsismo e che ha tradito l'originario progetto di un ritorno alle cose stesse, relegando la fenomenologia a una indagine sul piano della coscienza. Con Heidegger, però, secondo Sartre, il programma della fenomenologia, per come lo intende Sartre, è ancora possibile: l'Io è pro-getto, non è più un abitante della coscienza, ma è fuori, nel mondo, tra le cose, tra gli altri. Su questa base, ritiene Sartre, la filosofia davvero può trattare della vita.


Sartre: l'ontologia esistenzialista.


Sartre, nel 1938, pubblica il suo primo romanzo, La nausea: si tratta dell'opera che apre un nuovo genere, il romanzo esistenzialista". Antoine Roquentin, il protagonista, è preda di frequenti attacchi di nausea ed è subito chiaro che non si tratti di un problema fisiologico. Nel corso del romanzo, la verità gli si disvela progressivamente. La nausea colpisce colui che  coglie l'essenziale contingenza e assurdità della realtà. Non vi è nessun motivo perché le cose siano ciò che sono: ogni cosa è gratuita. Questa è la radice della nausea: ogni cosa ha la consistenza del nulla, il nulla é il senso delle cose. La realtà é priva di scopo, é assurda, non vi sono punti di riferimento. La vita del protagonista si rivela così priva di senso, senza alcuna ragione d'essere e senza nessuna possibilità di attribuire legittimamente un significato alle singole cose. Il romanzo contiene una serie di intuizioni che l'autore svilupperà in seguito in L'essere e il nulla, la sua opera filosofica principale. 

Nell'ontologia che Sartre sviluppa in L'essere e il nulla, egli distingue tra l'in-sé e il per-sé. Il primo é sinonimo di fenomeno, ribaltando così completamente la terminologia hegeliana. Lin-sé è l'essere, é il mondo nella sua fatticità, le cose brute nella loro opacità. Senonché, nessuna delle cose che sono date alla coscienza é la coscienza stessa: ecco la ragione per cui Sartre introduce il concetto di per-sé, che designa la coscienza nella sua libertà di attribuire significati alle cose. Se l'in-sé designa l'essere, il per-sé é il nulla, perché il tentativo della coscienza di superare la mera fatticità non ha alcuna consistenza. La coscienza infatti  non é qualcosa nel senso dell'in -sé, dell'essere: essa allora é il nulla. Secondo Sartre, il nulla é un'esperienza di non essere radicale e pervasiva che il soggetto compie di continuo. Il nulla, mentre in Heidegger é in qualche modo separato dall'essere, in Sartre é invece intrinsecamente legato ad esso, in quanto é legato alla coscienza. Per comprenderlo a fondo, bisogna però capire cosa é la libertà. Il legame tra il nulla e la libertà, nella riflessione di Sartre, é intimo. Egli infatti ritiene che essa sia la possibilità che l'uomo ha "di secernere un nulla che lo isoli" (da Essere e nulla, p. 59). Il fatto che la coscienza dica sì a qualcosa e no a qualcos'altro, mostra il suo potere nullificante ed é, allo stesso tempo, espressione della libertà che la caratterizza. Quando, ad esempio, si decide di prestare attenzione a qualcosa, si decide anche di non osservare qualcos'altro: ogni atto che apre all'essere é allo stesso tempo nullificante: la libertà, infatti, realizzando alcune possibilità, ne nullifica infinite altre in ogni momento. Secondo Sartre, sia Kierkegaard che Heidegger esprimerebbero due aspetti di quella verità unitaria che egli invece ritiene di aver finalmente formulato: se per Kierkegaard l'angoscia era conseguenza della libertà di scelta e per Heidegger era invece l 'intuizione del nulla, per Sartre l'angoscia é l'esperienza compiuta della scelta possibile e quindi della libertà col suo potere nullificante. L'uomo è quindi libero, al punto che l'unico limite alla sua libertà consiste nel fatto che non può non essere libero. Per Sartre l'uomo é condannato a essere libero. Da ciò deriva il famoso detto sartriano: " L'esistenza precede l'essenza" in quanto la libertà é originaria e non é condizionata da alcun progetto a priori e vincolante. La libertà si esprime in un progetto che l'uomo realizza. Si tratta però di una scelta che non è data una volta per tutte, ma che si rinnova continuamente, perché il soggetto potrebbe mutare. L'uomo dunque sceglie e quello che avviene è il frutto di una sua scelta. Il soldato che viene mandato al fronte, ad esempio, in fondo ha scelto: poteva magari disertare. Se invece ha scelto di partire, vuol dire che ha preferito così e quindi non ha nulla da recriminare. L'uomo, scegliendo, conferisce senso alla sua azione. Il senso delle cose dipende dal progetto che l'uomo persegue attraverso le sue scelte e che si esprime nelle sue azioni. Lo stesso atto, ad esempio un bacio, trarrà il suo sensi, come espressione d'amore, o come tradimento, dalla scelta che ha portato alla sua realizzazione. L'uomo insomma è sempre responsabile della propria scelta. Capita, però, che egli fugga da se stesso e cerchi in qualche modo di ingannarsi. Sartre parla allora di malafede. Essa consiste nel superare l'angoscia causata dal peso della propria libertà, rifugiandosi in un ruolo sociale rigidamente prestabilito. In questo modo, il soggetto si costruisce un'immagine di sè che non é autentica, ma che può essere tanto verosimile da risultare convincente. Sartre fa l'esempio di un cameriere provetto: questi si muove con tanta rapidità e destrezza, da sembrare quasi un automa. È come se il cameriere recitasse una parte, così come altri recitano quella del sarto o del droghiere. Egli, anche per compiacere gli altri, si esprime teatralmente per realizzare un ruolo definito. Il cameriere cerca così, senza pensarci, di chiudere in un rassicurante ruolo definito il proprio angosciato essere, apertura alle possibilità. Ogni uomo, però, in fondo sente di eccedere rispetto alla parte che si è scelta, essendo irriducibile a qualsiasi ruolo che egli stesso o gli altri possono attribuirgli. Il rapporto con l'altro é concepito da Sartre come una drammatica conflittualità tra due soggettività che si negano reciprocamente. Si scopre l'esistenza dell'altro quando si nota che alcune cose del proprio ambiente vengono organizzate secondo una prospettiva di senso non propria. È come se le cose tendessero verso un punto di fuga che mina il tentativo dell'io di centralizzarle rispetto a sé. Sopratutto, tra l'altro si dà nello sguardo: quando l'io si avverte guardato, si sente oggettivato e in tal modo diviene un oggetto del mondo dell'altro. L'altro insomma é colui che riduce a mera oggettività il per-sé, che é libertà originaria. Anche nell'amore, afferma Sartre, avviene la reciproca negazione di sé come oggetto: nel momento in cui, desiderando l'altro, lo si vuole sedurre, ci si riduce inizialmente a oggetto attraente per lui per cercare così di piegare l'altro, rendendolo a sua volta un oggetto. Secondo Sartre, non é possibile amare l'altro salvando anche sé e l'altro come libertà originarie. La riflessione di Sartre è contrassegnata da un pessimismo radicale che prevale sull'elemento ottimistico, anche se presente, che consiste nell'affermazione della libertà originaria e insopprimibile dell'uomo. Sartre avverte la tensione dell'uomo a trascendersi, ma la considera una spinta che lo porterà a perdersi. Sartre stesso nella celebre chiusura de L'essere e il nulla esprime una delle più lucide affermazioni del suo pessimismo radicale: " Così la passione dell'uomo é l'inverso di quella di Cristo, perché l'uomo si perde in quanto uomo perché Dio nasca. Ma l'idea di Dio é contraddittoria e ci perdiamo inutilmente; l'uomo é una passione inutile" (in L'essere e il nulla, p. 682).


Esistenzialismo e arte informale.


L'arte informale é spesso stata accostata all'esistenzialismo. Il critico francese Michel Tapié la usò negli anni Cinquanta per la prima volta a indicare quelle opere di artisti che davano un particolare valore al gesto e al conseguente segno pittorico, senza che vi fosse alcuna pretesa di figurazione. L'artista italiano Alberto Burri, esponente del cosiddetto "informale materico", usa materiali eterogenei (sacchi, legni bruciati, plastica, ferro), li accosta e li cuce, lasciando visibili i buchi e gli squarci che si creano. Il dramma e le sofferenze umane, che vuole esprimere non hanno alcun riferimento iconico: essi sono espressi solo dal gesto dell'artista e dal trattamento subito dai materiali usati. Nell'opera di Faurier, invece, esistono ancora residui di figurazione, che, secondo il critico De Bartolomeis, rappresentano uno stato di sofferenza della figurazione. Proprio i residui di figurazione e non la sua cancellazione totale danno il senso di "ciò che sono non solo gli esseri umani, ma anche la natura, embrioni impossibilitati a svilupparsi nella materia che opprime e blocca"; le opere di Faurier rappresentano così "la condizione dell'uomo aggredita, deturpata, soffocata: metamorfosi in atto e non il suo compimento" (F. De Bartolomeis, L'arte contemporanea e noi. L'amore è figurativo o astratto?, p. 242).


Sartre e la Seconda guerra mondiale.


Sartre, arruolato nel settembre del 1939 nell'esercito francese come meteorologo, con la rapida disfatta della Francia, cade prigioniero dei tedeschi il 21 giugno del 1940. Dopo qualche tempo viene trasferito nel campo di prigionia di Treviri, in Germania, ove rimane fino all'aprile 1941, quando riesce a fuggire facendosi passare per civile. La guerra non indebolisce la sua attività di scrittore, anzi gli fornisce nuovi stimoli: prima della cattura, finiti i turni di servizio, ha molto tempo libero e scrive molto (tra l'altro le prime pagine de L'essere e il nulla e la parte conclusiva del romanzo L'età della ragione). Anche a Treviri, durante la prigionia, sistemato nella baracca degli artisti, trova un ambiente favorevole: riprende la stesura de L'essere e il nulla; scrive e mette in scena Bariona o il figlio del tuono e tiene un corso su Heidegger ai parroci prigionieri (un ufficiale tedesco, con suo grande stupore, gli fa avere Essere e tempo). Su di lui l'esperienza dell'arruolamento, della vita militare e soprattutto della prigionia ha un effetto dirompente: già individualista radicale comincia a capire e ad apprezzare la dimensione sociale dell'uomo. Si tratta della premessa fondamentale del suo impegno politico nella sinistra, che diventa per lui un'urgenza a guerra finita, ma che già al tempo della resistenza costituisce un elemento qualificante della sua azione. Riuscito in qualche modo a rimpatriare, partecipa al gruppo di resistenza "Socialismo e libertà". La sorveglianza dei tedeschi, però, è molto stretta e paralizza l'attività del gruppo. Quando si viene a sapere dello sbarco alleato in Normandia, Sartre e Simone de Beauvoir tornano a Parigi per partecipare alle parti culminanti della lotta di liberazione della capitale. Nel complesso, Sartre attraversa il periodo della seconda guerra mondiale senza traumi, ma profondamente cambiato. I tragici eventi di quegli anni, la necessità della ricostruzione e della ripresa del paese umiliato, provocano in Sartre il senso dell'urgenza di un impegno diretto. Egli lo svolge da intellettuale, scrivendo, facendo filosofia e letteratura. Nascono così le sue opere teatrali, si era appassionato di teatro nel campo di Treviri, presenta la sua famosa conferenza sull'esistenzialismo, raccolta in L'esistenzialismo è un umanismo, e fonda e dirige la rivista Le Temps Modernes. L'esistenzialismo che propone diventa presto un fenomeno di moda, anche se dai più è assunto come un etichetta di grido piuttosto che come una prospettiva filosofica meditata. Così, la fine della guerra gli porta una stagione di successo come filosofo, fama e denaro per la sua attività di letterato.


La figura di Simone de Beauvoir.


Simone de Beauvoir (1908-86) è una scrittrice francese atea e socialista, famosa per le sue battaglie sociali, sopratutto come femminista, e per il suo rapporto con Sartre. Dopo gli studi alla Sorbona, la de Beauvoir insegna prima in alcuni licei di provincia e poi a Parigi fino al 1943, quando lascia l'insegnamento. Con l'uscita in quell'anno del suo romanzo L'invitata, che ottiene buona accoglienza da parte della critica, lei capisce che la sua vocazione di scrittrice è ormai matura. Di ciò è in debito con Sartre che da un lato l'aveva incoraggiata e dall'altro l'aveva spronata a migliorarsi, dicendole di mettere se stessa nei propri libri. Il consiglio le era giunto come una vera rivelazione e lei stessa dirà: "La cosa mi ha profondamente toccata e persino intimidita perché ho pensato che se ci si dedicava alla letteratura con un impegno così totale, essa diventava qualcosa di molto serio, come l'amore, la vita, la morte" (Simone de Beauvoir. Un film di Malka Ribowska e Josée Dayan, p. 20).

Infatti il suo impegno letterario diventa in lei un tutt'uno con la vita, con le lotte per la giustizia, col suo amore per Sartre e col desiderio di libertà e di verità. Durante la Seconda guerra mondiale gli eventi incalzano e l'occupazione tedesca della Francia la porta ad aderire alla resistenza con Sartre e Camus, nel gruppo "Socialismo e libertà". Finita la guerra, entra a far parte del comitato di redazione della rivista "Le Temps Modernes", insieme a Sartre e a Merleau-Ponty, impegnandosi in una battaglia culturale e politica di sinistra. Per mantenere la propria indipendenza, però, non entra nel Partito Comunista. Dal 1947 la de Beauvoir viaggia molto: Stati Uniti, Brasile, Cuba, Cina e Russia. La sua opera più ampia e matura è Il secondo sesso del 1949, in cui discute la situazione di ingiustizia in cui versa la donna nella società contemporanea maschilista. Il libro all'epoca dell'uscita fa scandalo, ma è anche oggetto di consensi. Nel filone delle sue opere di impegno sociale, nel suo libro La terza età (1970), Simone de Beauvoir denuncia duramente le discriminazioni e l'emarginazione degli anziani. Una parte poderosa dei suoi scritti consiste nelle opere autobiografiche: Memorie di una ragazza perbene, 1958; L'età forte, 1960; La forza delle cose, 1963; A conti fatti, 1972. Il suo ultimo libro, La cerimonia degli addii, esce nel 1981 e descrive gli ultimi anni di Sartre, fino alla morte. L'autrice chiude il testo con un paradossale tono di tranquilla disperazione: "Ci separa la sua morte. La mia morte non ci riunirà. Così è; ed è già bello che le nostre vite abbiano potuto tanto a lungo procedere all'unisono" (La cerimonia degli addii, p. 126). Sartre e Simone de Beauvoir, in effetti, non si sono mai sposati e nemmeno hanno convissuto, troppo attaccati alla propria indipendenza per rinunciarvi; tuttavia, fin dai tempi degli studi universitari alla Sorbona il loro legame affettivo e intellettuale è forte, tanto da segnare le loro vite.


Sartre: l'altro come "il mio inferno" e la "svolta umanistica"


L'individualismo in Sartre, che trova lucida espressione ne L'essere e il nulla, lo porta a far dire a Garcin, uno dei personaggi del suo dramma teatrale Porta chiusa, "l'inferno sono gli altri". Si tratta, probabilmente, del punto più intenso del pessimismo sartriano. Dopo Porta chiusa, vi è in Sartre una svolta le cui ragioni sono ben sintetizzate dallo stesso filosofo: "Mi trovavo sufficientemente ben collocato nella mia situazione di scrittore antiborghese e individualista. Quel che ha mandato in frantumi tutto questo è stato l'aver ricevuto, un giorno di settembre del 1939, un foglio di mobilitazione; [...] è questo che ha introdotto il sociale nella mia testa: ho capito improvvisamente ch'ero un essere sociale" (Autoritratto a settant'anni, pp. 54-55). La svolta, descritta qui come improvvisa, in realtà matura molto lentamente, dato che ne L'essere e il nulla, uscito nel 1943, non la si percepisce. Essa, invece, è evidente nella conferenza che Sartre tiene a Parigi nel 1945 e che è riportata in L'esistenzialismo è un umanismo. Durante questa famosa conferenza, Sartre riprende alcuni temi fondamentali de L'essere e il nulla come, ad esempio, l'affermazione della libertà come un assoluto e l'ateismo. Il titolo della conferenza suona però paradossale a chi abbia letto La nausea e conosca quindi le posizioni anti umaniste presenti nel romanzo. Sartre, nella conferenza,chiarisce che la sua condanna dell'umanismo classico rimane totale: esso infatti esalta un uomo che è fine e valore superiore. Un tale uomo però, afferma Sartre, non esiste da nessuna parte e chi lo esalta, in realtà, si entusiasma per un'idea. L'umanismo esistenzialista di cui Sartre é promotore nasce invece dalla constatazione della libertà assoluta attraverso la quale l'uomo può realizzarsi e può essere capace di gesti che manifestano l'assunzione di una grande responsabilità, dato che ciascuno deve dire: "scegliendomi, io scelgo l'uomo". L'esistenzialismo di Sartre propone quindi una morale dell'impegno. Inoltre, per Sartre, l'esistenzialismo é assolutamente ottimistico, perché sostiene che il destino dell'uomo é nell'uomo stesso.