Classi 5° A/B/C Linguistico - Lez. 22
Vita e opere.
Karl Marx nasce a Treviri, in Renania, nel 1818. Il filosofo si laurea in filosofia a Jena nel 1841 con una tesi sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro.
Entrato in rapporto con l’ambiente della Sinistra hegeliana, é profondamente influenzato dalla filosofia di Feuerbach e stringe amicizia con Bruno Bauer, esponente della Sinistra e ideatore della religione intesa come alienazione. Dal maggio del 1842, fino alla sua chiusura nel 1843, collabora alla Gazzetta renana, muovendo una critica serrata contro l’autoritarismo statale per la difesa delle libertà civili. Costretto a lasciare la Germania per motivi politici, Marx si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con le idee e i movimenti socialisti e dove conosce Friedrich Engels, dando inizio a uno stretto rapporto di amicizia e di collaborazione che proseguirà tutta la vita. Grazie all’influenza di Engels, Marx si avvicina all’economia politica: risalgono al 1844 i Manoscritti economico-filosofici che contengono sia una critica alla proprietà privata e al capitalismo, che un’analisi della dinamica dell’alienazione quale aspetto caratterizzante della società capitalista.
Sulla base di queste riflessioni Marx si distacca definitivamente dalle posizioni dei “giovani hegeliani” (i rappresentanti della Sinistra hegeliana) con l’opera intitolata La sacra famiglia, scritta nel 1845 con Engels e, nello stesso anno, con le brevi, ma importanti Tesi su Feuerbach. La rottura definitiva con l’hegelismo e con la Sinistra hegeliana é affidata all’opera L’ideologia tedesca, che Marx ed Engels scrivono tra il 1845 e il 1846 e che contiene, in contrapposizione alla filosofia hegeliana della storia, l’esposizione sistematica e compiuta del materialismo storico. Marx ritiene che alle considerazioni teoriche debba necessariamente congiungersi l’attività pratico-rivoluzionaria e i momenti più significativi di questa attività sono la fondazione della Lega dei Comunisti, nel 1847, di cui scrive nel 1848 insieme a Engels il manifesto programmatico, il Manifesto del partito comunista, e la partecipazione alla costituzione nel 1864 a Londra, dove Marx si era trasferito nel 1849, dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, nota come Prima Internazionale.
Della Prima Internazionale Marx scrive sia l’Indirizzo inaugurale, sia gli Statuti. La linea politica che egli indica e per la quale entrerà in aspra polemica con l’anarchismo di Bakunin, é il risultato dell’analisi del capitalismo, alla quale si era dedicato a partire dagli anni Cinquanta, nella convinzione che l’azione rivoluzionaria dovesse poggiare su uno studio scientifico dei meccanismi e delle dinamiche dell’economia. I saggi che espongono i risultati di questo lavoro costituiscono il fondamento del “socialismo scientifico”. Nel 1857 Marx scrive i Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, seguiti da Per la critica dell’economia politica del 1859.
Sono saggi che accompagnano l’imponente ricerca orientata alla composizione della sua opera principale, cioè Il Capitale. In vita ne pubblicherà soltanto il primo libro, nel 1867, mentre gli altri due usciranno postumi in edizioni curate da Engels. Marx muore a Londra nel 1883.
Materialismo e dialettica.
La riflessione filosofica di Marx muove da un atteggiamento di critica e tuttavia di continuità nei confronti di Hegel e di Feuerbach. Nella critica all’Idealismo hegeliano sostiene con Feuerbach un rigoroso materialismo, mentre fa propria la lezione di Hegel e si discosta da Feuerbach per affermare la dialetticità e la storicità del reale.
La Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico del 1843 rappresenta un pesante attacco all’impostazione idealistica e soprattutto alle sue conseguenze in ambito politico. Secondo Marx Hegel commette un vero e proprio errore logico nella sua analisi della realtà, rovesciando il rapporto tra soggetto e predicato. Invece di identificare il soggetto con gli individui concreti e di riconoscere nello Stato e nel diritto le loro produzioni, Hegel considera lo Stato come originario, come idea generale, e deriva gli individui dallo Stato. Secondo Marx. Hegel non riesce a spiegare le dinamiche reali della società che sono date dai rapporti concreti tra gli individui che la compongono. In questo modo la realtà empirica non viene interpretata e capita in se stessa, ricavando dall’analisi dei fatti empirici i concetti generali in grado di spiegarli, ma viene al contrario dedotta dall’idea e di conseguenza l’esistente finisce per essere giustificato nella sua totalità, in quanto razionale e necessario. La filosofia hegeliana diventa paradossalmente un empirismo mistico: derivare infatti la realtà concreta dall’idea si traduce in una semplice descrizione della realtà esistente, che viene in qualche modo divinizzata e accettata come assoluta.
In ambito politico questa posizione si traduce per Marx in un conservatorismo che nega la dialetticità stessa della società. Nella sua critica a Hegel, Marx si dice d’accordo con Feuerbach e con il suo materialismo che ha il merito di aver ricondotto la filosofia al proprio oggetto reale, l’uomo appunto, e di aver chiarito come la religione sia la proiezione delle caratteristiche e delle problematiche dell’uomo catapultate su un piano superiore, divino, estraneo alla sua realtà quotidiana. Sia per Marx, che per Feuerbach, la religione rappresenta cioè l’alienazione dell’uomo, la sua rinuncia alla propria natura e alla sua vera essenza.
Tuttavia Marx rimprovera a Feuerbach di voler combattere l’idea della religione sostituendola di fatto con altre idee, così come avevano fatto anche gli altri esponenti della Sinistra hegeliana.
Marx stesso chiarisce meglio con una metafora la sua critica: un uomo ossessionato dalla forza di gravità era convinto che gli uomini annegassero in acqua a causa di tale forza e che bastasse togliere dalla loro testa l’idea della gravità perché ciò non succedesse più, nonostante le numerose prove della sua esistenza sia a livello scientifico, sia nell’opinione comune. Il risultato, afferma Marx, é la pretesa di sostituire una superstizione con un’altra invece di smentirla, proprio come aveva fatto Feuerbach. Secondo Marx, quindi, Feuerbach si è limitato a dissolvere la religione nei suoi aspetti di mondanità, ma non si è reso conto che la cosa principale rimane ancora da fare, rimane cioè da individuare quali siano le contraddizioni concrete, sociali, storiche, che hanno dato origine all’esigenza di produrre la religione. Per Marx è la società concreta la base reale necessaria per modificare le idee e non il contrario. La distanza di queste conclusioni deriva dalle differenze profonde che esistono tra il materialismo di Marx e quello di Feuerbach, entrambe profondamente radicate in concezioni diverse del soggetto e dell’uomo. L’uomo al quale Feuerbach intende ricondurre le astrazioni di Hegel, l’uomo che deve riappropriarsi della propria natura superando l’alienazione religiosa, è infatti un essere astratto, che si identifica con il “genere” inteso come genere umano nel suo complesso, e perciò sottratto alla storia.
Nei Manoscritti economico-filosofici e nelle Tesi su Feuerbach, Marx ridefinisce il rapporto tra soggetto e oggetto, sostenendo che l’uomo non è un’entità astratta e generica, indifferenziata, ma è connotato come individuo concreto dalla propria esperienza, dalla propria attività, dalla società in cui vive, perché solo all’interno di una data società l’individuo si riconosce come tale.
Secondo Marx l’essenza umana ha un contenuto oggettivo, perché si costituisce mediante l’interiorizzazione dell’ambiente, sia naturale, che sociale, in cui l’individuo nasce e si sviluppa. Ma neppure la natura esiste come entità originaria e indifferenziata, ma esiste concretamente e storicamente solo in quanto trasformata dall’azione umana. Questa integrazione tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura, si realizza non in modo astratto, ma nella attività concreta dell’uomo, nella prassi. Secondo Marx è proprio grazie alla prassi che l’uomo può cambiare il mondo e non mediante le idee, é nella prassi che si costruiscono i rapporti sociali concreti che formano l’individuo. Marx riconosce a Hegel il merito di aver esposto in modo compiuto la dialettica come sintesi di opposti, ma la dialettica per Marx non è un processo indipendente dal pensiero, l’Idea, in grado di formare e di trasformare il mondo come Hegel aveva sostenuto. Per Marx la concezione hegeliana va rovesciata, per cui la dialettica è un processo di fatti concreti, rappresenta lo sviluppo della realtà storica e sociale e permette di spiegarne le dinamiche e le contraddizioni. La continuità rispetto al pensiero di Hegel é proprio nell’affermazione della dialetticità e della storicità del reale.
Marx rimprovera Feuerbach, nonostante gli riconosca il merito di di aver intuito il significato del rapporto uomo-natura e io-tu, di aver concepito l’essere umano solo in quanto membro del genere umano, rifacendosi alla sua naturalità, ma ignorando l’uomo come connotato storicamente, l’uomo come essere storico. Secondo Marx, inoltre, Feuerbach non ha saputo cogliere in merito al problema religioso il motivo centrale che spinge l’uomo a creare la religione. L’alienazione religiosa non viene superata, così come voleva Feuerbach, con la semplice consapevolezza che in Dio l’uomo proietta se stesso, ma individuando la scissione strutturale presente nell’uomo da cui l’esigenza religiosa nasce: gli uomini vivono in società suddivise in classi sociali, in cui vi sono dominanti e dominati, e proiettano i propri problemi e il bisogno di riscatto dalle varie ingiustizie sociali nel mondo immaginario della divinità, che nobilita la loro miseria. In questo senso Marx definisce la religione come “l’oppio per il popolo”, perché questa ricerca di consolazione dell’uomo dal mondo reale ha come conseguenza la rinuncia alla lotta per trasformare la situazione concreta, storicamente connotata. Marx riprende qui gli Scritti Giovanili di Hegel in merito al concetto di alienazione religiosa, ma costruisce intorno a tale concetto una cornice storico-sociale che Hegel aveva totalmente ignorato. La religione si sostituisce al bisogno dell’uomo di riscatto sociale e lo rende rinunciatario a lottare per riconquistare la propria dignità umana, la frustrazione costruisce così un immaginario collettivo in cui l’uomo tenta di divinizzarsi, ma in realtà perde qualsiasi interesse per la propria esistenza quotidiana, vive per un aldilà e non per il qui e ora. Marx cercherà la soluzione all’alienazione dell’uomo non nello sviluppo del pensiero o nel cristianesimo evangelico, come Hegel, ma nelle dinamiche economiche che causano ingiustizie sociali e disuguaglianze: sarà proprio all’interno dei rapporti di produzione che Marx troverà la risposta al fenomeno dell’alienazione umana.
Lavoro e alienazione nel sistema capitalista.
All’interno dello studio e della critica all’antropologia di Feuerbach si colloca la riflessione di Marx, che era stata già precedentemente sviluppata nei Manoscritti economico-filosofici del ’44 e che svilupperà in seguito nel Capitale, sulla società e sul lavoro dell’uomo che permette all’uomo di trasformare il mondo naturale. Secondo Marx infatti il lavoro rappresenta l’atto con cui l’uomo rende oggettive le proprie idee nella materia, rappresenta cioè il momento oggettivo del processo dialettico, permettendo all’uomo di riconoscersi nel prodotto della sua attività, ma anche di riconoscersi come essere sociale nella produzione collettiva di tutti gli uomini: grazie al lavoro l’uomo modifica quindi la natura e, allo stesso tempo, acquista maggiore consapevolezza di sé.
La riflessione sul lavoro da parte di Marx si intreccia con la critica radicale della società capitalista dove il lavoro non è più il momento positivo per l’uomo di autorealizzarsi e diventare consapevole di sé stesso, ma è un momento negativo di scissione interiore, di alienazione appunto, che si traduce nella vuota ripetizione di gesti meccanici. Per Marx il lavoro alienato non rappresenta soltanto la sottrazione del prodotto creato dai lavoratori, ma anche l’impoverimento della loro personalità nella misura in cui il lavoro è rinuncia a una parte della propria vita da parte dell’uomo per procurarsi i mezzi di sussistenza. Marx sottolinea come l’uomo si senta doppiamente alienato: da una parte è costretto ad una attività monotona e ripetitiva, come ad esempio la catena di montaggio in fabbrica, in cui non si appropria mai della propria creazione che rimane per lui estranea e incomprensibile; dall’altra il lavoro, necessario per la sopravvivenza, diventa strumento di alienazione in quanto non permette all’uomo di realizzarsi in quanto individuo, ma diventa fonte di sfruttamento e di oppressione da parte del padrone capitalista. Per Hegel l’alienazione rappresentava un momento positivo e necessario in cui l’Idea si oggettiva nella realtà concreta, dando origine alla natura, permettendo il raggiungimento di un maggior livello di coscienza. Nella stessa Fenomenologia dello Spirito l’alienazione rappresentava il momento dialettico negativo per poter giungere all’autocoscienza, mediante la negazione di sé nella morte o l’oggettivazione di sé nel lavoro. Secondo Marx, invece, definisce l’alienazione come il processo di oggettivazione del soggetto che si realizza nel rapporto con gli altri e, soprattutto, nel lavoro, e che é altrettanto importante per l’auto-riconoscimento del singolo e per la costruzione della sua personalità. Secondo Marx infatti é attraverso i rapporti sociali e i rapporti di produzione, nei quali l’individuo esce da sé stesso per riconoscersi negli altri o nel prodotto del suo lavoro, che si forma l’essenza stessa dell’uomo. Affinché questo processo sia positivo, sono necessari due fattori che interagiscono tra loro: da una parte l’attività e i rapporti umani, nei quali il soggetto si oggettiva, devono essere espressione della sua umanità, devono cioè essere umanizzanti; dall’altra il processo dialettico che deve chiudersi con il riappropriarsi da parte dell’individuo di tutti quegli aspetti che aveva proiettato in precedenza sull’oggetto. Secondo Marx nella società capitalistica nessuna di queste due condizioni può mai realizzarsi: se da un lato il lavoro parcellizzato non consente all’operaio di riconoscersi nella propria attività, dall’altro il prodotto del proprio lavoro viene sottratto all’operaio dal capitalista e i rapporti sociali diventano reificati, diventano cioè rapporti tra cose e non tra individui, quindi tra merci. In Marx il concetto di alienazione assume quindi una connotazione negativa, diventando un sinonimo dell’estraniazione e dell’impoverimento della personalità del singolo. Allo scopo di cambiare questo stato di cose, diventa necessario modificare la realtà socio-economica visto che per Marx l’individuo non è soltanto influenzato dall’ambiente o dalla società in cui vive, ma é egli stesso anche oggettività e società: soltanto in una “natura umanizzata”, cioè in un processo di progressiva umanizzazione in cui la realtà, o meglio l’ambiente in generale, possa diventare soggettività, si creano le condizioni ideali perché l’uomo superi l’alienazione.
Marx sostiene, inoltre, che l’alienazione abbia anche una dimensione più ampia nella misura in cui garantisce all’uomo la possibilità di realizzarsi in quanto essere sociale: è proprio attraverso il lavoro che l’individuo costruisce i rapporti sociali che gli permettono di diventare un individuo completo e realizzato. Nella società capitalista però l’attività sociale si traduce in attività di dipendenza dagli altri, diventa un rapporto di servitù. Questo rapporto assume la forma della proprietà privata, cioè di appropriazione del lavoro altrui. Secondo Marx la proprietà privata non rappresenta soltanto un’istituzione sociale o l’accumulo di ricchezze: rappresenta anche la cristallizzazione dei rapporti sociali, la forma oggettiva che assumono le dinamiche sociali che l’hanno prodotta. Questo tipo di analisi permette di capire come Marx tratta le categorie economiche tradizionali: la proprietà privata, il lavoro, la merce vengono esaminati nell’ottica dei rapporti di produzione e delle dinamiche sociali e, allo stesso tempo, l’analisi economica fornisce gli strumenti per lo studio oggettivo delle strutture fondamentali di ogni società. Sarà proprio in questa prospettiva che Marx ambienterà le sue opere più importanti della maturità.
Il materialismo storico e dialettico.
Marx definisce il processo di materialismo storico come il processo in cui l’uomo si crea nel rapporto concreto con l’ambiente e con le vicende storiche che lo plasmano. E’ proprio il materialismo storico l’oggetto d’indagine esaminato negli scritti de L’ideologia tedesca del 1845/6 e de Il manifesto del partito comunista del 1848. Nella prima opera Marx traccia le linee generali della sua teoria, mentre nella seconda applica alla società capitalistica la sua teoria, traendone le conseguenze pratiche in ambito politico, storico e nella prassi rivoluzionaria.
Secondo Marx ciò che contraddistingue l’uomo dagli animali nel relazionarsi al proprio ambiente, è la sua capacità di produrre i propri mezzi di sussistenza. Tra i vari modi di produzione per Marx è possibile distinguerne uno specifico sulla base del tipo di economia in esso prevalente, come ad esempio l’agricoltura o l’industria tessile, del livello di sviluppo tecnologico, dei rapporti sociali con cui si concretizzano le diverse attività lavorative. Tutti questi fattori caratterizzano uno specifico modo di produzione che è proprio di ogni società. Secondo Marx la storia dell’Occidente sarebbe scandita da tre diversi modi di produzione:
il modo di produzione schiavistico, in cui i grandi latifondi di terre erano coltivati dagli schiavi;
il modo di produzione feudale, caratterizzato da un’economia agricola di sopravvivenza e che vedeva contrapposti nobiltà e servi della gleba;
il modo di produzione capitalistico, basato sull’industria e sul lavoro salariato.
Secondo Marx i diversi individui, a secondo della posizione che occupano rispetto ai mezzi di produzione, proprietari terrieri o servi della gleba, capitalisti o proletari, rientrano all’interno di diverse classi sociali e ogni società risulta essere divisa in classi sociali distinte tra loro.
L’appartenenza a una classe sociale determina non soltanto le relazioni in cui ogni individuo si trova inserito, ma anche la propria personalità, visto che Marx sostiene che quest’ultima è il risultato dei rapporti sociali in cui l’individuo è inserito.
Una società è quindi un insieme di relazioni degli uomini tra di loro e con l’ambiente, relazioni che risultano essere totalmente indipendenti dalle singole volontà individuali e che poggiano sulla struttura economica oggettiva, cioè sul modo di produzione che costituisce la base di queste relazioni. Secondo Marx l’insieme di questi rapporti oggettivamente dati e connotati dal punto di vista storico determinano non soltanto ciò che gli individui sono, ma anche ciò che pensano, ciò in cui credono, la loro concezione del diritto e dello Stato. Tutto ciò costituisce ciò che Marx chiama sovrastruttura, mentre il divenire storico costituisce la struttura. La sovrastruttura è conseguenza diretta della struttura e il loro rapporto è dialettico in quanto non è spiegabile mediante una relazione univoca di causa ed effetto della struttura sulla sovrastruttura. La sovrastruttura, infatti, esercita anch’essa una propria influenza sulla struttura tramite le idee, le concezioni politiche, giuridiche ecc, e trasforma le condizioni economiche nella misura in cui riesce a produrre comportamenti concreti, azioni sociali, cioè diventano prassi.
Se tale processo non si concretizza, tali idee e concezioni restano solo ideologie, cioè semplici riflessi della struttura, che finiscono per giustificare l’esistente senza produrre cambiamenti.
Secondo Marx il legame tra filosofia e prassi è importante non solo per l’azione sociale, ma soprattutto sul piano conoscitivo: Marx, infatti, afferma l’esistenza di una realtà oggettiva, indipendente dall’uomo e valida per tutti gli uomini, sostenendo che non esistono parametri certi che permettano di accertare che una una teoria abbia interpretato in modo corretto questa realtà. Per Marx la prassi rappresenta dunque l’unico criterio di verifica di una teoria, che risulterà vera soltanto se è in grado di modificare la realtà. Lo sviluppo della struttura non è casuale, ma risulta determinato dalle sue stesse caratteristiche: il succedersi del modo di produzione feudale da quello schiavistico e il suo trasformarsi poi in quello capitalistico, sono le tappe di un percorso in cui ogni momento è lo sviluppo necessario di quello precedente. In conseguenza di ciò il divenire storico può diventare oggetto di studio scientifico in quanto le sue trasformazioni risultano essere prevedibili. Marx quindi afferma che la dinamica degli avvenimenti storici è il risultato di contraddizioni contenute all’interno di ciascuno dei modi di produzione e a cui corrisponde il contrasto e la lotta di classe. La presenza di classi diverse e antagoniste tra loro determina la convivenza nella stessa epoca di ideologie diverse tra di loro. L’ideologia della classe dominante risulta essere egemonica nella misura in cui plasma l’intera società e si pone come universale.
In tal modo i rapporti di produzione diventano così istituzioni, come Stato, Chiesa e famiglia ad esempio, che apparentemente sono neutrali, ma che in realtà assumono la funzione di perpetuare e di cristallizzare i rapporti economici concreti che esprimono. Ma anche questi rapporti contengono delle contraddizioni che portano alla loro trasformazione e al loro superamento, concretizzando la crisi e la ridefinizione del sistema politico, giuridico ed economico. Il processo di materialismo storico si riferisce alla teoria di Marx secondo cui il processo storico è determinato dalle condizioni economiche e dai rapporti che si creano su questa base, cioè sui modi di produzione, in cui la struttura socio-economica determina la sovrastruttura politica e giuridica che caratterizza le diverse società. Secondo Marx si parla di materialismo storico-dialettico per sottolineare la dinamicità della struttura: ogni struttura socio-economica contiene al suo interno delle contraddizioni e produce di conseguenza delle classi sociali in conflitto tra loro; la lotta di classe rappresenta quindi l’elemento dinamico all’interno del processo storico e fa si che un particolare modo di produzione venga superato per l’affermarsi di quello successivo. Successivamente tale processo è stato utilizzato per indicare la rimodulazione del rapporto tra soggetto e oggetto, intesa da Marx nei suoi scritti giovanili, in termini dialettici che, se da un lato implica la dimensione sociale del singolo, soggetta all’alienazione della società capitalistica che ne impoverisce la personalità, dall’altro pone l’affermazione del comunismo inteso come piena realizzazione delle potenzialità umane. Dalla società capitalista alienante in continua evoluzione e trasformazione, tramite la lotta di classe e le trasformazioni, si giunge così al comunismo pienamente realizzato e umanizzante, in grado di liberare il singolo dall’alienazione e la società dalle ingiustizie sociali che affliggono invece la società borghese e capitalista.