venerdì 22 dicembre 2023

Lezione 25 - Nietzsche 2: Lo Zarathustra, l’Oltreuomo e l’eterno ritorno.

Classi 5°A/B/C Linguistico - Lez. 25

L’annuncio di Zarathustra.

L’opera più conosciuta di Nietzsche è sicuramente Così parlò Zarathustra del 1883/85. Zarathustra, o Zoroastro, la forma occidentalizzata del nome greco, è un filosofo persiano, fondatore della religione dal nome omonimo di zoroastrismo. Nonostante la sua esistenza sia dubbia, secondo la tradizione è vissuto intorno al VII secolo a. C. La religione da lui fondata è monoteista e incentrata, sul piano filosofico, sul rapporto tra uno e molteplice, tra Dio e il mondo dei fenomeni.
Zarathustra propone un ideale morale rigoroso, secondo cui la giustizia, che si realizza nella completa sottomissione dell’uomo alla divinità, garantisce all’uomo la felicità sia in questo mondo, sia in quello ultraterreno. Nietzsche sceglie la figura di Zarathustra, come scrive lui stesso in Ecce homo, perché il filosofo persiano, proponendo la distinzione tra bene e male come origine delle cose, può essere considerato il fondatore dell’«errore fatale», cioè la morale. Tuttavia, avendo fatto della verità il fondamento della sua filosofia, Zarathustra è anche colui che può riconoscere e superare questo errore. Quest’opera segna, pur nella continuità tematica con le opere precedenti, e in particolare con La gaia scienza, un deciso cambiamento di stile. Al moralista che scriveva per aforismi si sostituisce il profeta, che non dimostra, ma annuncia. Attraverso il racconto delle vicende e delle predicazioni di Zarathustra, Nietzsche esprime, non in forma argomentativa spesso, ma metaforica e poetica, attraverso parabole e discorsi, le idee fondamentali della propria filosofia: la morte di Dio implica la nascita dell’oltreuomo, (Ubermensch), capace di dare un senso all’esistenza e di scrivere una nuova tavola dei valori, non più trascendenti e ultramondani, ma legati alla terra e agli istinti vitali.

La struttura e il contenuto di Così parlò Zarathustra.

L’opera Così parlò Zarathustra costituisce una svolta netta dal punto di vista stilistico nella produzione di Nietzsche. Quest’opera non può essere definita né un saggio e neppure una raccolta di aforismi. Molti critici l’hanno definita come un poema in prosa che ha la forma del racconto allegorico, denso com’é di metafore e suddiviso in episodi, o quadri, che si presentano come parabole evangeliche. In effetti il modello a cui Nietzsche si rifà più da vicino, sia per temi, sia per la forma, é proprio il Vangelo: il tono utilizzato dal filosofo é quello profetico e l’argomento di fondo è l’annuncio. Dal Vangelo Nietzsche riprende volutamente alcuni elementi, sia stilistici come la frase “In verità io vi dico...” che funge da premessa alla presentazione delle idee più significative, sia strutturali, come quando Zarathustra annuncia le caratteristiche del superuomo modellandole sul Discorso delle beatitudini o quando a Zarathustra viene chiesto di fare dei miracoli. Tuttavia i contenuti esposti non potrebbero essere più diversi rispetto a quelli del Vangelo: Zarathustra rifiuta di operare dei miracoli e le sue “beatitudini” sono l’esaltazione di una morale totalmente opposta a quella cristiana. I quattro libri del poema sono stati scritti quasi di getto tra l’inverno del 1883 e quello del 1885. Il racconto serve soltanto come cornice per le parabole, i discorsi e le metafore, che costituiscono il vero contenuto dell’opera. Ognuna delle quattro parti é conclusa in sé e infatti esse vengono stampate separatamente, come continuazioni l’una dell’altra.
Così parlò Zarathustra si apre con una Prefazione nella quale il profeta annuncia il superuomo alla folla senza essere capito. Egli decide allora di parlare solo a pochi, di cercare dei compagni di viaggio che siano pronti per il grande annuncio. La Prefazione si chiude con la comparsa degli animali che seguiranno Zarathustra nelle sue peregrinazioni: l’aquila e il serpente, rispettivamente definiti dal filosofo come l’animale più orgoglioso sotto il sole e l’animale più intelligente sotto il sole. Questi animali compaiono nel pieno meriggio, metafora della verità che si rivela: mentre l’aquila vola a grandi cerchi, dove il cerchio é il simbolo dell’eterno ritorno, il serpente sta attorcigliato al collo di Zarathustra e ha la stessa funzione simbolica.
Nella prima parte, i discorsi di Zarathustra, si conclude con il commiato dai discepoli e l’annuncio del superuomo. I ventidue Discorsi rappresentano in effetti la preparazione a questo annuncio. Questi discorsi costituiscono la pars destruens, quella critica e distruttiva, dello Zarathustra, la critica ai valori tradizionali: l’idealismo, l’amore per il prossimo, la svalutazione del corpo, ect. Questa critica serve a creare un vuoto interiore in cui l’annuncio possa trovare posto.
Nella seconda parte Zarathustra ritorna sulle montagne, seguito soltanto dai suoi fedeli animali. Il profeta aspetta che tutti gli uomini siano pronti per ricevere l’annuncio delle due grandi verità intorno alle quali ruota tutta l’opera: il superuomo e l’eterno ritorno. Quando, dopo alcuni anni, torna tra i suoi discepoli, propone loro altre parabole, questa volta di tono diverso: esse non contengono più soltanto la critica dei vecchi valori, ma suggeriscono la creazione dei nuovi, attraverso immagini liriche e musicali. La parte centrale é occupata dai grandi canti di Zarathustra: Il canto della notte, Il canto della danza, dedicato alla vita, e Il canto dei sepolcri, dedicato al rimpianto degli ideali e le illusioni della gioventù: questi ultimi sono leopardiani nello stile e nel pessimismo, che viene però riscattato dall’affermazione della volontà e dal “dire sì alla vita”.
Questa parte si chiude con l’immagine del fanciullo: per affermare il nuovo uomo occorre tramontare a se stessi, rinascere come fanciulli, senza un passato. Zarathustra torna ancora una volta sulle montagne per rinascere ed essere pronto per l’annuncio.
La terza parte é la più importante dal punto di vista filosofico. Dopo «l’ultima solitudine», Zarathustra decide di lasciare le isole Beate, dove si é svolta l’azione precedente, e di attraversare il mare. Sulla nave rimane due giorni in silenzio e infine decide di affidare il suo annuncio non ai suoi discepoli, ma ai marinai, abituati a sfidare i «mari terribili», «temerari della ricerca e del tentativo», «ebbri di enigmi», narrando quindi loro la visione dell’eterno ritorno e la nascita del superuomo. All’annuncio seguono i canti solari, quelli del “grande meriggio” (Della beatitudine non voluta e Prima che il sole ascenda), i canti dell’affermazione della vita e della volontà. Zarathustra é ormai, come il pastore che conclude La visione e l’enigma, un “trasfigurato” libero ormai dalla necessità di un fondamento per i propri valori, libero da Dio e da ciò che ha rappresentato.
Tornato alla sua isola e alla sua montagna, Zarathustra elabora nuovi discorsi e nuove parabole, ma adesso nella forma del sogno e del monologo. Ripercorrendo dentro di sé le avventure passate e la trasformazione che ha vissuto, procede sistematicamente alla “inversione” o “trasmutazione di tutti i valori”. Le massime del Vangelo vengono riprese sia nel linguaggio, che nella forma, ma con un significato opposto: egli sostiene che non bisogna amare il prossimo, ma imparare ad amare se stessi, inventando nuovi valori fondati sulla volontà dell’uomo. Rivolgendosi idealmente ai discepoli, ma parlando a se stesso nella propria caverna, Zarathustra propone le tavole dei valori in un lungo monologo intitolato “Di antiche tavole e nuove”. Subito dopo Nietzsche fa seguire il terzo annuncio dell’eterno ritorno, dopo quello di La gaia scienza e de La visione e l’enigma. Zarathustra si sveglia poi un mattino e inizia a urlare contro “il suo pensiero abissale” che non riesce ancora ad emergere in piena luce. Segue l’annuncio dell’uomo nuovo, che viene affidato a brani lirici e musicali che chiudono la terza parte (Del grande anelito, La seconda canzone di danza e I sette sigilli).
La quarta parte é stilisticamente molto diversa dalle altre. In questa parte non ci sono né metafore, né parabole. La sola eccezione é rappresentata dalla parte centrale, intitolata Dell’uomo superiore, dove invece dei monologhi e delle immagini, predominano il racconto e il dialogo. Manca in questa parte quasi totalmente la parte lirica, anche se con qualche eccezione, come Il canto del nottambulo, e domina un’ironia disincantata e sarcastica. Il racconto é lineare, anche se solo apparentemente semplice. Dalla sua caverna Zarathustra ode un grido, riconosce la voce dell’uomo superiore e si pone alla sua ricerca. Lungo il cammino incontra personaggi strani grotteschi: l’ultimo papa, che ha assistito alla morte di Dio, l’uomo più brutto, il mendicante volontario... Tutti, saputo della morte di Dio, vogliono conoscere Zarathustra per avere da lui le risposte che non trovano più nel mondo ormai privo di significato. Egli li indirizza verso la sua caverna e prosegue il cammino. A sera, stanco dell’inutile ricerca, torna alla sua montagna e sente a un tratto di nuovo il grido dell’uomo superiore e sente che proviene dalla sua caverna. Vi entra e trova tutti i personaggi incontrati durante il giorno: il grido, lo stesso udito al mattino, é prodotto dall’insieme delle loro voci. Prima di incontrare Zarathustra erano tutti uomini malriusciti, disperati, ma poi hanno provato l’ebbrezza e il piacere della festa. Proprio il loro dolore li rende capaci di grandi piaceri, il loro essere fuori dal comune li fa essere profondi e in grado di comprendere in profondità. In questa parte di Così parlò Zarathustra l’uomo superiore (che non é ancora il superuomo, ma é un ponte verso di esso), si rivela essere l’opposto di come verrà interpretato dalla retorica nazista. L’uomo superiore é colui che é tramontato alla “normalità”, alla banalità, che é capace del grande disprezzo e, proprio per questo, del grande piacere, é colui che la sofferenza segna come unico, che il grande dolore uccide affinché possa rinascere.

L’oltreuomo.

L’oltreuomo viene presentato da Nietzsche come un’evoluzione biologica non ancora attuale dell’uomo: é proiettata nel futuro e quindi nel presente può essere soltanto annunciata. Gli saranno propri i valori della naturalità, la volontà di potenza, la fedeltà alla terra e, più in generale, sarà egli stesso il fondamento della morale, in contrapposizione con tutte le morali tradizionali, derivate da principi esterni all’individuo. Il termine «Ubermensch» suggerisce un’idea di superamento dell’uomo attuale, dove il termine über può essere tradotto con sopra, ma anche come oltre, per cui l’oltreuomo é il simbolo di una nuova umanità, piuttosto che l’idea, largamente utilizzata dalla propaganda nazista, di un individuo attuale superiore agli altri, cioè di un superuomo.
Il concetto di superuomo, o meglio di oltreuomo come è preferibile tradurre, è stato variamente interpretato. Le interpretazioni naziste della filosofia di Nietzsche, basate soprattutto sull’opera intitolata La volontà di potenza, che la sorella del pensatore aveva fatto pubblicare postuma nel 1906 ampiamente rimaneggiata in chiave nazionalista e razzista, hanno identificato senza incertezze il superuomo con l’uomo ariano, superiore e dominatore nei confronti delle altre razze. Questa interpretazione del pensiero di Nietzsche contrasta però con alcuni passi in cui lo stesso Nietzsche critica aspramente la politica tedesca di potenza e valuta positivamente, ad esempio, il ruolo degli ebrei nell’Europa a lui contemporanea, condannando con decisione l’antisemitismo (anche se altri passi delle sue opere si lasciano interpretare in senso antisemita e ciò crea molte discussioni circa la posizione di Nietzsche in merito agli ebrei). I critici contemporanei, sopratutto Gianni Vattimo in Italia, preferiscono tradurre il termine Ubermensch non come uomo superiore, ma come oltreuomo, cioè come stadio ulteriore dello sviluppo umano, come superamento dello stadio in cui l’uomo riceve dall’esterno il proprio destino e il senso del mondo, diventando egli stesso creatore di valori. Per sottolineare questo significato è quindi preferibile la traduzione di oltreuomo, piuttosto che quella più diffusa di superuomo. Così parlò Zarathustra si apre con la descrizione del profeta che, dopo aver trascorso dieci anni in solitudine sulla montagna, scende tra gli uomini per portare loro il suo annuncio. Giunto in una città mentre si sta svolgendo un mercato, Zarathustra annuncia alla folla il superuomo, esortando alla fedeltà alla terra, cioè ai valori naturali, legati al corpo e alla vita terrena, contro ogni trascendenza. Tuttavia la folla lo ascolta distrattamente perché in attesa dello spettacolo di un funambolo che era stato annunciato. Mentre Zarathustra sta terminando il proprio discorso, lo spettacolo ha inizio: un funambolo, incitato dalla folla, inizia a camminare sul cavo teso tra due alte torri. All’improvviso compare dietro di lui uno strano essere, un pagliaccio dai panni multicolori, che avanza senza incertezze sul cavo teso, insultando e deridendo il funambolo per la sua lentezza. Lo raggiunge e lo supera con un balzo. Distratto da questa apparizione, il funambolo precipita, sfracellandosi al suolo. Zarathustra gli resta vicino tra la derisione della folla, porta con sé il cadavere, lontano dalla città, finché non lo abbandona, seppellendolo nel cavo di un albero. Da questo momento decide di non parlare più alla folla, ma soltanto a singoli individui, capaci di comprendere il suo messaggio. Il pagliaccio multicolore rappresenta le forze istintive e vitali che possono travolgere l’individuo quando tenta di attraversare l’abisso che lo separa dall’oltreuomo.
Infatti per andare oltre se stesso l’uomo deve tramontare, rinunciare a ciò che é, senza essere ancora qualcosa di nuovo. Deve abbandonare le proprie certezze, pur non essendo ancora in grado di produrne di altre: egli non ha più un terreno solido sotto di sé e avanza con difficoltà, come il funambolo. Un passaggio simile non può essere compiuto da tutti e per questo Zarathustra rinuncia a rivolgere il proprio messaggio alla folla. L’uomo al quale si rivolge é colui che sa farsi fondamento dei valori, l’uomo trasformato, che dopo aver subito passivamente l’ultraterreno che egli stesso aveva creato e dopo aver trovato il coraggio di distruggerlo, può infine affermare se stesso. L’uomo, quindi, secondo Nietzsche, deve perciò essere un passaggio, un tramonto: deve cessare di essere quello che é, negarsi in quanto uomo della morale, come uomo formato dalla tradizione di Socrate e del cristianesimo e trasformarsi. L’uomo, scrive Nietzsche, é un ponte, un passaggio verso uno stadio di sviluppo superiore, come la scimmia é stata un ponte tra l’animale e l’uomo.

L’eterno ritorno.

Il passaggio dall’uomo all’oltreuomo non é però indolore: implica una rottura, una separazione netta rispetto al passato, un salto. In uno dei brani più noti di Così parlò Zarathustra, Nietzsche descrive questo passaggio ricorrendo a delle immagini metaforiche, come quella del pastore a cui un serpente é penetrato in gola. Il pastore prova a tirare, ma non riesce a strapparsi dalla gola il serpente finché, ubbidendo al grido di Zarathustra, lo morde staccandogli il capo e riuscendo così a liberarsene. Il serpente rappresenta il simbolo della vecchia morale: soffoca l’uomo, ma é così radicata profondamente in lui che solo un gesto di rottura può liberarlo e farlo rinascere a nuova vita. I valori del passato sono divenuti così connaturati all’uomo da costituirne l’essere stesso, la sua identità più profonda e inconscia. Secondo Nietzsche quindi non basta negare tali valori morali, ma é necessario negare se stessi, tramontare, per diventare uomini nuovi. Allo scopo di ottenere tale risultato diventa essenziale cambiare radicalmente il proprio atteggiamento verso la vita, non considerarla come una semplice sequenza di azioni che acquistano senso soltanto nel loro complesso, ma considerare ogni attimo dell’esistenza come dotato di valore e di significato per se stesso. Questa concezione viene approfondita da Nietzsche con la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale. La teoria dell’eterno ritorno dell’uguale è stata oggetto di diverse interpretazioni: Nietzsche afferma che ogni fatto, ogni evento della nostra vita, é destinato a tornare infinite volte per l’eternità. Con questa affermazione il filosofo non vuole proporre una visione circolare del tempo, già affermata in altre filosofie precedenti, sopratutto dagli Stoici antichi ad esempio.
Se per gli Stoici la visione circolare della storia comportava un atteggiamento fatalistico e una completa fiducia nella razionalità del tutto, per cui tutto ciò che avveniva era di per sé razionale in quanto espressione di un lògos, cioè di un ordine razionale, e quindi doveva essere accettato dall’uomo, per Nietzsche invece l’eterno ritorno rappresenta il richiamo alla piena responsabilità di ogni uomo che deve essere affrontata in ogni istante della vita.
Con questa teoria ogni uomo deve considerare ogni momento della propria vita come se fosse l’inizio di un’eternità in cui ogni scelta e ogni gesto é destinato a ripetersi all’infinito. Secondo Nietzsche ogni uomo instaura l’eterno ritorno dando inizio al processo: ognuno deve vivere in modo da dare un significato, il proprio significato, a ogni istante della sua vita, accettando con gioia l’idea che possa ripresentarsi sempre uguale a se stesso per l’eternità. Al contrario, chi vive per il dovere e per la morale, o per meritarsi il paradiso, vive per il futuro e non per il presente: rivivere eternamente ogni istante della propria esistenza viene avvertito dall’uomo della morale come angoscia, come un fardello insopportabile, visto che i singoli momenti della sua esistenza sono considerati dei mezzi, spesso penosi, per raggiungere uno scopo finale nel futuro e non sono vissuti per il valore che hanno in sé, nel presente, non sono frutto di una scelta, ma subiti.
La teoria dell’eterno ritorno, dunque, rappresenta un forte richiamo sulla necessità di dare un proprio significato ad ogni istante dell’esistenza, a riconoscerlo come voluto.
Il vero soggetto dell’eterno ritorno non é però l’uomo comune, ma l’oltreuomo: tra l’oltreuomo e l’eterno ritorno esiste infatti un rapporto molto stretto in quanto sentire ogni nostra azione come eterna, dando a ogni istante della nostra esistenza il nostro personale significato, rappresenta la condizione che permette la nascita di noi stessi come oltreuomini, di poterci superare. L’uomo della morale per Nietzsche non é in grado di sostenere tale responsabilità di dare continuamente significato alla propria vita: la morale, infatti, é un significato esterno, é il fine da raggiungere, é ciò che dà significato ai diversi momenti dell’esistenza in funzione di altro.