Classi 5° A/B/C Linguistico - Lez. 6
Schelling e la critica al concetto di natura di Fichte.
Schelling, pur apprezzando il pensiero di Fichte, ne critica la concezione della natura, in quanto nel pensiero fichtiano la natura rappresenta esclusivamente il momento negativo della conoscenza, il Non - Io, la cui funzione era quella di rendere possibile il momento dell'autoconsapevolezza dell'Io e di essere eterogenea ad esso: Fichte aveva proposto un concetto di Assoluto dove la natura risultava estranea all'Io e, a detta di Schelling, non si comprende facilmente come Io e Natura, così estranei ed eterogenei tra loro, possano fondersi insieme e costituire l'Assoluto che dovrebbe comprendere l'intera realtà.
La proposta di Assoluto di Schelling, invece, costituisce la sintesi di soggetto e di oggetto, di Spirito e Natura, sostenendo che la realtà debba comprenderli entrambi: l'Assoluto, quindi, rappresenta una fusione indistinta di Spirito e Natura, visti come due aspetti complementari di un unico principio e indistinguibili all'analisi del reale.
Lo Spirito è dato dal pensiero puro di un'umanità priva di qualsiasi determinazione, non di un'epoca storica precisata, ma astratta, e che comprende tutti gli aspetti salienti della civiltà umana. La Natura, invece, comprende tutti gli aspetti inerenti i fenomeni naturali, dall'inorganico all'organico, e la realtà esterna al pensiero.
La strada d’incontro tra Spirito e Natura si divide in due percorsi tra loro complementari:
- la fisica speculativa, che avvicina la Natura allo Spirito;
l'ideologia trascendentale che, invece, avvicina lo Spirito alla natura.
La fisica speculativa.
Schelling definisce la Natura come spiritualità inconscia, o dormiente, che rappresenta il lato oggettivo della conoscenza:
la razionalità della natura può quindi essere compresa e dedotta a priori, l'uomo è quindi in grado di comprenderne le leggi e di indagarne razionalmente il funzionamento, fondando così la possibilità di conoscenza scientifica della realtà;
la natura, inoltre, viene vista da Schelling come un organismo unitario e vitale, dotato di prevedibilità e guidato da un ordine razionale finalistico e non caotico. La spiritualità della natura, pur inconsapevole, si accompagna quindi a una razionalità necessaria e organizzata in un sistema coerente e razionale che permette di concepirla come un unico organismo vitale (organicismo).
Il finalismo presente nella natura non è esclusivamente riconducibile al meccanicismo di relazioni causa - effetto, ma è proprio della natura in quanto tale e non è dato dal soggetto conoscente. Il tentativo da parte della Natura di raggiungere la coscienza dell'uomo, attraverso la fisica speculativa appunto, deve incontrarsi, come vedremo, con quello dell'uomo di ricondurla interamente alla propria attività allo scopo di riappropriarsi in modo consapevole della propria naturalità.
I tre momenti che caratterizzano la fisica speculativa, scandiscono quindi il passaggio progressivo della Natura dall'incoscienza alla consapevolezza della propria spiritualità e sono dati da:
- materia;
- chimismo;
- organismo.
Schelling afferma che la Natura è regolata al suo interno da due forze: l'attrazione e la repulsione e che il loro rapporto dà origine alla materia.
La materia, apparentemente inerte, mostra in realtà un equilibrio attivo dimostrato dalla gravità e dal magnetismo; quando questo equilibrio viene spezzato, subentra il secondo livello razionale: quello del chimismo.
La rottura di questo equilibrio tra le due forze si manifesta attraverso i fenomeni elettrici, un esempio ne sono i temporali, la luce, come ad es. nei trofismi, cioè i movimenti e le reazioni di alcune piante e fiori verso la luce del sole (ad es. il girasole o i fiori notturni),
i processi biochimici, come ad es. nella fotosintesi clorofilliana o nelle trasformazioni energetiche, o i popolari esperimenti sull'elettricità animale condotti dallo scienziato Galvani sulle rane, contemporanei a Schelling. Nel chimismo l'equilibrio rotto viene ristabilito e la natura torna ad apparire inerte sino a quando viene spezzato nuovamente, in un processo continuo. Il terzo livello di razionalità naturale, quello dell'organismo, rappresenta il raggiungimento della razionalità consapevole della Natura, il proprio riconoscimento del suo essere Spirito. Con la vita organica infatti l'equilibrio viene continuamente spezzato dai vari processi biologici, altrimenti subentrerebbe la morte, e l'attività della natura è ininterrotta: con l'uomo infatti la natura raggiunge la soglia di coscienza, diventa capace di conoscersi e di riflettere su di sé, divenendo soggetto e aprendo la strada all'idealismo trascendentale. Ora la natura, da spirito inconsapevole e dormiente, è divenuta Spirito visibile.
L’idealismo trascendentale.
Lo Spirito, invece, viene definito come natura autocosciente e rappresenta il lato soggettivo della conoscenza. Esso emerge nella Natura grazie all'uomo che è capace di autocoscienza e di pensiero.
Nell'idealismo trascendentale la consapevolezza dello Spirito di essere anch'esso natura, si realizza nella storia umana che si suddivide in tre epoche:
- nella prima epoca, contraddistinta dal destino, l'uomo percepisce l'oggetto come esterno a sé e come dato, del tutto inconsapevole di averlo prodotto lui stesso col proprio pensiero. L'intuizione produttiva, inconscia ma reale, segna il passaggio dalla sensazione, che rappresenta il livello minimo di conoscenza, condiviso con gli animali, all'intuizione, processo di conoscenza più complesso che permette di intuire i fenomeni, ma non di dimostrarne l'esistenza (ad es. la respirazione, la vita, gli assiomi matematici); tale momento corrisponde alla materia della fisica speculativa organizzata nel magnetismo o lunghezza delle forze, nell'elettricità o superficie delle forze e nel processo chimico o spessore delle forze;
- nella seconda epoca, caratterizzata dalla natura, in cui gli istinti, le passioni e i bisogni naturali dell'uomo hanno ancora il sopravvento sulla razionalità, si passa dall'intuizione alla riflessione, realizzando lo Spirito la separazione tra soggetto e oggetto, e assumendo maggiore consapevolezza del proprio ruolo nella natura;
- nella terza epoca, dominata dalla provvidenza, lo Spirito passa dalla riflessione al volere: l'uso dell'intelletto e dei concetti permette all'uomo di comprendere ormai di aver prodotto lui la realtà esterna e di poterla non soltanto conoscere, ma modellare con la sua azione pratica. Inoltre in quest'epoca lo Spirito può distinguere tra sapere auto prodotto e conoscenza indiretta, cioè elaborata da altri, che non riguarda più un'umanità astratta nel suo insieme, ma il singolo individuo. L'Io è non solo consapevole del suo rapporto con le cose, ma anche di sé come oggetto empirico e del suo sapere:
il principio d’individuazione che, a differenza dell'immaginazione produttiva, non è un processo inconscio ma è il risultato di una scelta, dipende dalla libera volontà dell'uomo e si colloca pertanto nella filosofia pratica: è infatti in ambito pratico che l’Io si differenzia dagli altri individui. L’azione è il risultato di un volere, di una scelta ed è dunque diversa per ogni individuo: nel riconoscere come propria l’azione che compie nel mondo, il singolo è quindi al tempo stesso consapevole di altre azioni che non sono prodotte da lui, e dunque riconosce l’esistenza di altre intelligenze da lui distinte e indipendenti. Lo Spirito si riconosce finalmente come Natura visibile.
La morale e la storia.
Il fatto che esistano altre intelligenze fuori del singolo è la garanzia dell’oggettività del mondo: proprio perché il soggetto produce l’oggetto, questo non sarebbe distinto dall’individuo se non esistesse anche per gli altri. A motivo del fatto che ogni individuo conosce consapevolmente il mondo in modo diverso dagli altri, Schelling parla di empirismo idealistico: idealistico in quanto l’oggetto è prodotto dal soggetto, empirismo in quanto perché per l’individuo il mondo esiste a tutti gli effetti come distinto da sé ed esterno, come realtà che può sperimentare e conoscere mediante la sua azione.
Tutto ciò pone il problema della libertà e dell’agire morale in quanto conoscere il mondo con l’intuizione produttiva richiede di poterlo modificare con la sua attività intenzionale.
E‘ proprio l’azione dell’individuo, tesa in apparenza a modificare l’oggetto, in realtà agisce sulle sue rappresentazioni e quindi l’agire morale, più che cambiare l’oggetto, cambia il soggetto stesso.
L’interazione tra gli individui produce un’unica realtà spirituale, l’umanità, che si sviluppa in un processo all’infinito nella storia.
La storia, in quanto prodotto dell’umanità, è soltanto in parte prodotta in modo consapevole: al suo interno sono presenti sia libertà, che necessità, coscienza e inconsapevolezza. Ogni individuo secondo Schelling agisce nella storia perseguendo i propri scopi personali, ma in realtà egli agisce spesso per finalità che gli sono ignote. Poiché la storia è fatta dalla specie, che esprime lo Spirito, e non dal singolo, la finalità della specie incarna quelle dell’Assoluto, mentre l’individuo le vive come necessità apparentemente incomprensibili.
Da una parte quindi la razionalità della storia che si esprime con la necessità degli eventi, dall’altra la libertà umana che è propria dello Spirito, ma che rimane processo inconscio per l’individuo.
La consapevolezza di una spiritualità cosciente che si realizza nella storia è il risultato dello sviluppo storico attraverso il quale lo Spirito diviene consapevole di sé attraverso l’umanità. L’uomo avverte una certa razionalità della storia, ma in modo parziale:
nella prima epoca, dominata dal destino, egli vede una forza impersonale che non può controllare e né comprendere e quindi accettare;
nella seconda epoca, dominata dalla natura, la razionalità viene percepita dall’uomo come legge e necessità, che a differenza del destino, è però comprensibile in quanto non rappresenta una forza superiore contro cui lottare, ma è espressione della natura stessa;
nella terza epoca, dominata dalla provvidenza, la razionalità si manifesta come spiritualità soggettiva e non più oggettiva e impersonale come la legge di natura.
La funzione dell’arte.
Nel momento in cui lo Spirito raggiunge l’apice della propria consapevolezza, continua però a contenere la naturalità, cioè una componente inconscia, rappresentata dall’intuizione produttiva. Nell’Assoluto dovranno congiungersi conscio e inconscio, l’attività dell’Io sulla natura (volontà- libertà) e l’attività della natura sull’Io (la conoscenza).
Questa sintesi avviene appunto nell’arte che occupa un ruolo centrale nel pensiero di Schelling tanto da caratterizzare il suo sistema come Idealismo estetico.
L’arte per Schelling ha una funzione conoscitiva superiore a quella della filosofia in quanto, a differenza di quest’ultima che coglie soltanto il lato cosciente e razionale della realtà, è in grado di cogliere gli aspetti più inconsci e spirituali della realtà.
Schelling auspica che la filosofia e le altre scienze, una volta raggiunta la propria maturità, confluiscano nel mito come nelle civiltà più antiche.
Lo Spirito che emerge via via dalla natura attraverso il percorso dall’inorganico all’organico, arrivando all’essere più spirituale, l’uomo, che però è anche l’essere naturale più lontano dalla natura.
La filosofia coglie la spiritualità astraendola dalla sensazione, mediante la conoscenza immediata della natura, nell’arte invece sensibilità e intelletto trovano una sintesi tra Natura e Spirito.
L’opera d’arte non esprime la singola individualità, ma neppure la spiritualità di un singolo popolo, bensì i simboli della spiritualità umana universale che possono essere più o meno comprensibili dall’umanità nelle diverse epoche storiche.
La mitologia incarna quindi la spiritualità inconscia che diviene gradualmente sempre più consapevole nel processo storico.