Classi 5° A/B/C Linguistico - Lez. 14
Introduzione alla filosofia dello Spirito oggettivo.
L'analisi dello Spirito oggettivo è una delle parti di maggiore importanza del sistema filosofico di Hegel sia per l'interesse che ha suscitato nei suoi contemporanei e nei filosofi successivi, sia per lo spazio che lo stesso Hegel le dedica, riproponendone le tematiche nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche e nei Lineamenti della filosofia del diritto.
Nel momento oggettivo lo Spirito si realizza non più a livello individuale, ma sociale o metaindividuale, cioè come realtà storica e istituzione. L'attenzione particolare che tutta la cultura dell'Ottocento, filosofica e non, dedica all'indagine delle problematiche politiche e sociali, deriva non soltanto dal concetto romantico di popolo, anche se non è articolata ed elaborata in termini scientifici, ma anche dalle vicende storiche che portano i principali paesi europei a sviluppare un interesse peculiare per tali problematiche. Che Hegel non sia l'unico ad affrontare il discorso di realtà prodotte dagli individui, ma che non sono identificabili con gli individui stessi, è dimostrato dal fatto che filosofi come Auguste Comte, fondatore del Positivismo, inizia nel 1830 la pubblicazione del suo Corso di filosofia positiva in cui pone quale oggetto d'indagine principale lo studio della struttura sociale, quindi di una realtà metaindividuale, come oggetto di una nuova scienza, la sociologia. Sia Hegel, che Comte, pur nelle rispettive differenze di impostazione, affermano che le istituzioni sociali possiedono una propria storia e proprie caratteristiche che possono essere studiate e considerate di per sé e che sopravvivono alla morte dei singoli individui che le hanno prodotte.
Lo Spirito oggettivo e i suoi momenti: diritto, moralità, eticità.
Il volere universale a cui è approdato lo Spirito soggettivo si fa realtà oggettiva che, presentandosi come esterna ai singoli, assume la forma della necessità, di ciò che si deve fare, diviene cioè diritto. Il diritto, che costituisce la tesi o momento intellettivo-astratto dello Spirito oggettivo, indaga appunto il volere universale che si presenta come esterno agli individui, assumendo la forma della necessità. Tale momento si articola in tre ulteriori momenti o movimenti dialettici: la proprietà, che ne rappresenta la tesi, il contratto, che invece rappresenta l'antitesi, e il diritto contro il torto, che invece è la sintesi del diritto.
Hegel considera il diritto come l'insieme di norme che regolano le relazioni tra gli individui che appartengono ad una comunità. Mentre le norme esplicite costituiscono il diritto positivo, cioè l'insieme delle leggi scritte, le norme implicite, invece, sono date dalle leggi che si basano sulla tradizione, costituendo il costume. Questi due diversi ambiti, considerati in modo unitario, formano un sistema, dotato di una propria coerenza e razionalità: è compito proprio della filosofia dello Spirito di rendere esplicita e manifesta questa razionalità. Hegel afferma che il diritto, quindi, è l'espressione razionale dell'individuo, in quanto il diritto rappresenta l'espressione del volere individuale che si è dato realtà oggettiva, che si è quindi emancipato dall'egoismo soggettivo per oggettivarsi in volontà sovraindividuale. In conseguenza di ciò il diritto si pone rispetto all'individuo da un lato come costrizione esterna, poiché la legge deve essere rispettata e ciò si traduce assumendo la forma del potere e dell'autorità; dall'altro lato però il diritto esprime la libertà stessa dell'individuo, spogliata però dagli impulsi e dai desideri particolari e ricondotta alla pura razionalità. Hegel sostiene dunque che compito del diritto è la comprensione della razionalità dell'esistente, cioè del diritto come si è storicamente sviluppato, e non di rappresentare un dover essere astratto. Il diritto è quindi l'oggettivazione dello Spirito, la sua realizzazione nella storia. Hegel opera così un ribaltamento del rapporto tra diritto e moralità rispetto a come lo avevano inteso sia Kant, che Fichte: il diritto non è più considerato come l'insieme delle istituzioni che permettono alla moralità di realizzarsi, ma precede la moralità stessa, per cui la moralità si caratterizza a sua volta quale interiorizzazione del diritto. La moralità, a differenza di quanto avveniva in Kant e Fichte, rappresenta propriamente l'interiorizzazione delle norme che stabiliscono un sistema di relazioni tra gli individui. La moralità quindi per Hegel non costituisce un fatto individuale, ma un sentire comune e per questo motivo essa rappresenta un momento dello Spirito oggettivo e non di quello soggettivo. E proprio a questo punto dell'indagine sul diritto che risulta essere interessante far riferimento alla figura di Antigone, introdotta in precedenza nella Fenomenologia.
Hegel fa spesso riferimento a questa tragedia di Sofocle per mettere in luce il conflitto che si viene a creare tra la legge naturale, cioè un insieme di norme implicite che caratterizzano il costume, che richiede di aver pietà e cura dei propri cari estinti, presentandolo come un dovere sacro e inviolabile, contrapposta alla legge dello Stato e alla necessaria severità di comportamenti che essa, spesso, richiede ai propri cittadini: il dramma di Antigone, lacerata tra due doveri contrapposti e altrettanto necessari, quali dare degne esequie e sepoltura ai propri cari e obbedire all'ordine di Creonte, che incarna appunto la necessità di non dare sepoltura a un nemico della città, e quindi la legge esplicita dello Stato che veicola l'autorità, evidenziano secondo Hegel le due polarità del diritto esaminate fin qui e pongono in relazione dialettica le esigenze espresse dal diritto sovraindividuale e quelle espresse invece dal sentire individuale, inteso come sentire comune: Hegel ribadisce fermamente che, per quanto possano essere giuste le esigenze del singolo, anche dal punto di vista morale e religioso, le leggi dello Stato hanno un'assoluta e necessaria preminenza in quanto esprimono un ordine razionale che non può essere sovvertito in alcun modo per venire incontro alle esigenze soggettive del singolo. Si ha così un forte contrasto dialettico tra l'essere e il dover essere che per Hegel è la ragione per cui l'individualità non può essere considerata la fonte normativa della vita sociale, ma è necessario che il diritto, proprio in quanto volere universale che si impone al singolo come necessità, prevalga sulle esigenze personali e familiari, in quanto, lo si vedrà successivamente, l'istituzione familiare rappresenta ancora una forma larvata e incompleta di modello sociale rispetto a quella dello Stato. Nonostante quindi le suppliche sia dell'indovino Tiresia, sia del coro, che funge da coscienza critica sugli eventi drammatici che colpiranno i protagonisti, Creonte rifiuterà il perdono per la disobbedienza di Antigone ed applicherà la necessaria sanzione riparatoria condannandola ad essere imprigionata all'interno di una grotta, dove morirà. Nonostante i suoi lutti familiari, Creonte, che per tale decisione perderà sia il figlio Emone, innamorato di Antigone, e sia la moglie Euridice che si uccide per il dolore per la perdita del figlio, incarna la rigida oggettività delle leggi dello Stato e la sua funzione di guida etica dei cittadini verso la realizzazione di un'etica che supera le singole ragioni sia del diritto, avvertito ancora come astratto ed esterno all'individuo, come necessità appunto, sia la moralità, intesa come interiorizzazione del diritto e assunzione di responsabilità. Per questo motivo i tre momenti che articolano il diritto, cioè proprietà, contratto e diritto contro il torto, rappresentano, per quanto importanti, delle mediazioni intermedie, ancora insufficienti, affinché l'individuo riconosca nel diritto, a lui esterno, la propria legge razionale interiorizzata. Ma perché tale passaggio possa realizzarsi, Hegel sostiene che l'individuo debba attraversare tali tappe del diritto allo scopo di diventare consapevole che la legge, da esterna e necessaria, è in realtà conseguenza del volere universale di tutta l'umanità ed esprime la razionalità del suo essere uomo, e in quanto tale, partecipe consapevole di tale volere razionale. Hegel parte quindi dal primo momento dialettico, che è quello della proprietà, che rappresenta la tesi del diritto o momento intellettivo-astratto, affermando che essa è il fondamento del diritto, in quanto per suo tramite l'individuo entra in rapporto con gli altri. Inizialmente si ha il semplice possesso della cosa ed è solo sulla base del diritto che tale possesso riceve riconoscimento sociale, divenendo così proprietà. Il riconoscimento reciproco fra gli individui, che caratterizza il diritto, si esprime successivamente sotto forma di contratto, e qui si giunge per Hegel al secondo momento dialettico, quello negativo-razionale o antitesi del diritto, in quanto il contratto rappresenta il convergere di volontà differenti. Rispetto alle teorie contrattualistiche dell'epoca, Hegel vede il contratto esclusivamente come accordo e riconoscimento reciproco fra singoli individui e quindi, a differenza di quanto sostenuto da altri filosofi contemporanei, esso non può costituire il fondamento della famiglia o dello Stato. Poiché, inoltre, il contratto è suscettibile alle violazioni, ne consegue il terzo momento dialettico, quello speculativo o positivo-razionale, cioè la sintesi, rappresentata dal diritto contro il torto. La dinamica del diritto contro il torto è contraddittoria per Hegel in quanto il diritto, in quanto necessità esterna, può essere garantito soltanto mediante costrizione e con una pena, cioè con una violazione dei diritti di chi commette la violazione, finalizzata a ripristinare il diritto violato. Proprio a motivo di tale contraddizione il diritto viene ora interiorizzato e diviene così moralità.
Si giunge così al secondo momento dello Spirito oggettivo, quello della moralità, che rappresenta l'antitesi o momento dialettico del processo. La moralità, intesa come sentire comune, è diritto interiorizzato e si articola in tre diversi momenti: il proposito, l'intenzione e il benessere, e il bene e il male.
Il proposito rappresenta il primo gradino della moralità, ancora astratta e pensata, ma non ancora realizzata: il proposito rappresenta infatti un semplice desiderio che, in quanto tale può essere messo in atto, diventando azione concreta, ma può anche rimanere soltanto un desiderio tra tanti, delineando solo una parvenza di moralità latente, ma ancora non bene e compiutamente delineata. Il passo successivo della moralità, l'antitesi, è rappresentata dall'intenzione. L'intenzione, rispetto al proposito, definisce un atto morale più completo: associa infatti il puro desiderio morale alla volontà di compiere un atto concreto, che ancora non è detto che si realizzi, ma che presenta comunque maggiore concretezza rispetto al momento precedente. Ma ancora non si può parlare di moralità compiutamente realizzata senza che vi sia consapevolezza della scelta tra bene e male. Ciò che infatti caratterizza la persona morale è la responsabilità che, secondo Hegel, è una caratteristica tipica della civiltà occidentale, perché nel mondo orientale la responsabilità viene avvertita come collettiva e manca il concetto stesso di individualità. Ma è soltanto con il concetto di persona morale che implica la capacità di riconoscere il bene dal male da parte di ogni singolo individuo che si opera la sintesi tra i momenti precedenti e la moralità risulta adeguatamente compiuta e non più una semplice astrazione, un isolato atto del volere: Hegel presupponendo infatti l'esistenza di concezioni etiche o religiose comuni, a cui ognuno può dare la propria libera adesione personale, sottolinea come la moralità abbia così raggiunto il suo massimo sviluppo come soggettività del volere, come espressione matura dell'individualità. Ma il processo non può esaurirsi nella morale individuale, per quanto compiuta: per Hegel è infatti necessario che vi sia una conciliazione tra il diritto, esterno al singolo e astratta legge razionale, e la morale, quale diritto interiorizzato che richiama alla responsabilità individuale e alla sua libera scelta, ecco perché diventa essenziale per lo sviluppo del processo che vi sia l'eticità quale morale collettiva, intesa quale sentire comune, che si esprime nelle istituzioni sociali.
Introduzione all'eticità.
L'eticità per Hegel rappresenta il punto di arrivo di un processo storico attraverso le tappe di virtù, costume e eticità. La virtù è la realizzazione dell'etica a livello individuale, quando l'eticità non si è ancora manifestata in realtà metaindividuali, cioè non è ancora Spirito oggettivo. In quanto vissuta a livello individuale, la virtù implica per Hegel una scissione, una contrapposizione tra il bene e il male: tale momento si realizza però solo in alcuni uomini, a seconda delle particolarità del carattere e del temperamento di ognuno. D'altra parte, quando l'eticità si pone all'individuo come una realtà che lo forma senza che egli ne abbia consapevolezza, essa si manifesta come costume. L'eticità, intesa nello Spirito oggettivo, invece, rappresenta la sintesi tra particolare e universale, è sostanza etica che acquista una dimensione sociale, ma è vissuta dall'individuo anche come propria realtà interiore, cioè come insieme di valori.
La nozione introdotta da Hegel di «sostanza etica», è fondamentale per comprendere la teoria dello Spirito oggettivo e il passaggio dal diritto, alla moralità sino ai momenti successivi. Parlando di «sostanza etica» Hegel intende dire che la moralità non è una dimensione individuale, ma storica e sociale e che va considerata separatamente dagli individui. È proprio attraverso la sostanza etica che la moralità si traduce in un ethos che sussiste indipendentemente dagli individui e che anzi li determina e li forma moralmente. Secondo questa concezione lo Spirito si oggettiva nei suoi tre momenti: famiglia, società civile e Stato, che danno alla sostanza etica un'esistenza nella dimensione storica e sociale. Hegel introduce così un aspetto nuovo rispetto alla morale, quello di etica che trasforma la moralità individuale in una dimensione storica e sociale che viene vissuta dall'individuo come propria realtà interiore. Se filosofi come Kant e come Fichte si erano fermati ad indagare il ruolo dell'atto morale sia a livello pratico, che conoscitivo, scindendo i due aspetti in due realtà complementari tra loro, ma contrapposte, Hegel invece rivendica che la dimensione morale non costituisca più un fatto privato dei cittadini, ma che abbia rilevanza nel regolare i rapporti tra Stato e cittadini, dando alla scelta morale, o meglio etica per Hegel, una dimensione civile e sociale che, partendo dall'azione educativa e formante esercitata dallo Stato sui suoi singoli membri, deve favorire l'interiorizzazione della norma razionale, delle leggi che esprimono la razionalità di un bene collettivo in interiorità morale individuale.
L'eticità e i suoi momenti: famiglia, società civile e Stato.
L'eticità, la famiglia e i suoi momenti: matrimonio, patrimonio e educazione dei figli.
Hegel affrontando l'indagine del primo momento dell'eticità, la famiglia, si discosta dalle posizioni degli intellettuali della sua epoca che considerano la famiglia collocata nell'ambito del diritto privato e il risultato di un contratto tra coniugi. Egli, infatti, considera la famiglia come il momento intellettivo-astratto o tesi dell'eticità, di conseguenza per Hegel la famiglia rappresenta l'espressione della sostanza etica e si fonda sul vincolo dell'amore. La famiglia ha le proprie basi nella naturalità, ma in essa la naturalità assume connotazione spirituale, poiché essa rappresenta una fusione sostanziale, e non solo fisica o patrimoniale, tra i due coniugi. La famiglia per Hegel rappresenta quindi un'unica persona, nel significato giuridico del termine, e costituisce una sola sostanza dal punto di vista etico. Solo quando la famiglia si scioglie, i singoli membri ritornano ad essere delle persone separate. La famiglia dunque per Hegel non è riassumibile come semplice contratto, ma costituisce un'unione spirituale e morale. La famiglia come tale costituisce quindi una realtà distinta dagli individui che la compongono: essa rappresenta un'unità dialettica, che si articola nelle due polarità, maschile e femminile, che sono diverse, ma complementari. Anche la famiglia si articola secondo tre momenti o movimenti dialettici: il matrimonio, il patrimonio e l'educazione dei figli. Tutti e tre i momenti hanno valenza etica: il matrimonio, che rappresenta il primo momento, quello intellettivo-astratto, rappresenta l'astrazione e la formalità della famiglia: essa è ancora un'entità astratta, un'istituzione solo pensata, ma che ancora non ha alcuna attuazione concreta. Ecco perché a tale momento segue necessariamente quello successivo, il patrimonio, che ne rappresenta l'aspetto concreto e materiale. Il patrimonio, inteso quale momento dialettico o negativo-razionale, si oppone e nega l'astrattezza della famiglia, opponendogli l'aspetto concreto, legato alla sussistenza della famiglia stessa, è però ancora l'espressione di un'istituzione familiare incompleta: perché il processo si completi, è necessario che si giunga al terzo momento, quello speculativo o positivo-razionale, rappresentato dall'educazione dei figli. Con la comparsa dei figli, Hegel afferma che la famiglia si ricongiunge alla società, nella misura in cui essa esercita un ruolo di mediazione che garantisce continuità, non solo biologica, alla società stessa. Infatti in questo modo la famiglia rende possibile la trasmissione della sostanza etica ai nuovi individui: tale trasmissione viene paragonata da Hegel a una seconda nascita, quella spirituale. La presenza di molte famiglie instaura però dinamiche fatte di particolarismi contrapposti, la cui sintesi si realizza nella società civile.
L'eticità, la società civile e i suoi momenti: sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia e polizia e corporazione.
La società civile rappresenta dunque il secondo momento dell'eticità, cioè il momento dialettico o negativo-razionale del processo dello Spirito oggettivo. Hegel afferma che le famiglie sono come singoli individui che entrano in rapporto e in contrasto reciproco. La loro unione viene garantita dall'organizzazione della società civile, che media gli interessi particolari, senza però arrivare ancora a costituire un'identità comune, che si realizzerà solo nello Stato. La società civile, considerata da Hegel quale momento negativo (e ciò testimonia la sua distanza dalle posizioni liberali, nonostante l'importanza da lui riconosciuta alla proprietà privata, sia nel momento del diritto, sia in quello della famiglia); infatti proprio nella società civile, Hegel individua una dispersione della sostanza etica. Per tale motivo Hegel chiama la società civile come Stato esterno. Con tale definizione della società civile, Hegel sottolinea il fatto che i rapporti giuridici ed economici, che regolano la convivenza al suo interno, non sono interiorizzati dall'individuo, gli sono estranei e l'individuo gli accetta in quanto spinto dal bisogno e dall'interesse. Nella società civile, infatti, la convivenza fra i singoli individui non deriva da un sentire comune, ma dalla convenienza reciproca. Hegel afferma che solo lo Stato in senso proprio costituisce la sostanza etica pienamente realizzata nella storia e, al tempo stesso, interiorizzata dall'individuo, presentando un rapporto simile a quello esistente tra diritto e moralità.
La società civile costituisce dunque l'essere fuori- di-sé dello Spirito oggettivo, che diventerà autocosciente (in-sé e per-sé) nel terzo momento, quello dello Stato.
Anche la società civile si articola in tre diversi momenti: il sistema dei bisogni, che costituisce il momento intellettivo-astratto, l'amministrazione della giustizia, che è il momento dialettico o negativo-razionale, e la polizia e corporazione, che rappresenta il momento speculativo o positivo-razionale.
Il sistema dei bisogni, la tesi della società civile, è la causa della nascita del lavoro che, a sua volta, porta alla specializzazioni delle mansioni e alla suddivisione in classi, finalizzate a massimizzare l'efficienza dell'intero sistema. Il secondo momento, l'antitesi, è data dall'amministrazione della giustizia che si basa sul concetto dell'obbligo esterno verso le leggi: ciò significa per Hegel che le leggi vanno rispettate, senza richiedere però alcuna adesione interiore da parte dell'individuo, ne il suo consenso personale. Il terzo momento, la sintesi, è data dalla polizia e dalla corporazione: la prima, la cui denominazione deriva letteralmente dal termine politeia (che significa l'agire della stessa totalità), garantisce la coesione esteriore della società; mentre la corporazione instaura una solidarietà di gruppo che è coesione interiore, anche se limitata al solo ambito economico, e che prelude allo Stato. Il passaggio dalla società civile allo Stato avviene per Hegel attraverso un processo di formazione dell'individuo (Bildung) che, in un certo senso, ne cambia la natura di individuo. Nonostante il prevalere dei particolarismi, nella società civile il singolo individuo sperimenta come oggettive delle relazioni universali, visto che nella società tutte le diverse componenti sono in rapporto reciproco e costituiscono un'unità che si colloca al di sopra del singolo individuo. Hegel afferma che questa dimensione universale e sovraindividuale si presenta in un primo momento come semplice mezzo per la soddisfazione dei bisogni di ognuno, ma vivendo tale dimensione universale l'individuo si eleva ad un sapere e volere universali, riconoscendosi quindi come parte consapevole di quella unità organica che è lo Stato. Ciò segna il passaggio dall'individuo come singolo al cittadino come soggetto dello Stato e ciò avviene mediante due momenti formativi: a livello teoretico grazie all'acquisizione della cultura, in quanto sapere comune e universale, a livello pratico mediante il lavoro. Secondo Hegel il lavoro costruisce nell'uomo la dimensione sociale, grazie ai rapporti sociali in cui l'uomo si inserisce tramite l'esercizio della sua professione, che inserisce il singolo quale momento del sistema sociale complessivo. In questo modo il singolo acquisisce una dimensione sociale oggettiva, portando il singolo a universalizzarsi. Così la dimensione universale del singolo, che è poi la sua dimensione reale, l'intero di cui è parte, costituisce il fondamento dello Stato.
L'eticità, lo Stato e i suoi momenti: diritto interno, diritto esterno e storia del mondo.
La formula che compare nella Prefazione ai Lineamenti della filosofia del diritto, «ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale», costituisce la chiave interpretativa della filosofia dello Stato di Hegel. Hegel non intende delineare un modello ideale di Stato, in quanto non sono gli individui a dover fondare lo Stato, a differenza delle teorie contrattualistiche, cioè di quelle teorie politiche e filosofiche che vedono la nascita dello stato come conseguenza di un contratto sociale tra gli uomini, ma è piuttosto lo Stato a formare gli individui, trasformandoli in cittadini: ciò perché lo Stato è ciò che deve essere, in quanto Spirito oggettivo, e non può essere in nessun altro modo. L'identità di reale e razionale si incarna compiutamente nello Stato e compito del filosofo per Hegel è quello di ricostruirne lo sviluppo e di spiegarne la razionalità presente in esso, ma per poter svolgere tale compito, il filosofo deve prima oltrepassare l'apparenza ed eliminare dalla concezione dello Stato quanto in esso vi è di contingente e di accidentale.
Hegel assume quindi una posizione che giustifica l'esistente, mostrandosi del tutto disinteressato verso gli aspetti conflittuali e di lotta politica, evidenziando un atteggiamento fortemente conservatore. La sua analisi si fa più articolata e aperta a sviluppi diversi quando si riferisce allo Stato etico o universo etico. Per Hegel infatti lo Stato è sostanza etica, cioè dimensione oggettiva e universale della moralità, su cui si fonda la profonda unità tra i cittadini, che non esistono se non in quanto membri dello Stato. Hegel definisce lo Stato come sostanza etica autocosciente: i suoi principi, la costituzione, le leggi, rappresentano l'oggettivazione di una realtà consapevole di sé.
Nella sua totalità lo Stato è un unico soggetto in cui gli individui rappresentano i momenti che costituiscono un'unità non basata sui legami dell'amore, come la famiglia, ma bensì sulla razionalità, che costituisce l'essenza stessa dello Stato. Come sintesi della famiglia (momento soggettivo) e della società civile (momento oggettivo), lo Stato per Hegel rappresenta l'adesione interiore dei cittadini ad un'eticità che esiste oggettivamente, che è sostanza che fonda l'essere dei singoli. I tre momenti dello Stato (diritto interno, diritto esterno e storia del mondo), sottolineano il suo carattere organicistico: lo Stato è infatti paragonabile a un individuo che si confronta con altri individui, gli altri Stati, dando luogo al diritto esterno (diritto internazionale). Queste dinamiche si inseriscono infine in un progetto razionale che costituisce la storia del mondo.
L'idea di Stato etico di Hegel da una parte si pone come realtà metaindividuale, sviluppando la nozione di sostanza etica, dall'altra implica che sia l'individuo, come la società civile, siano entrambi subordinati allo Stato. Per Hegel infatti non sono gli individui a costituire lo Stato, ma è lo Stato a dare realtà ai singoli individui: ciò apre la strada a possibili interpretazioni totalitarie dello Stato, dove i singoli individui non hanno né diritti inalienabili, ne indipendenza personale, in quanto la loro partecipazione alla vita dello Stato, garantisce loro un'esistenza razionale. Per Hegel comunque il sistema politico migliore è rappresentato dalla monarchia costituzionale, in cui i tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) risultano connessi tra loro in modo dialettico, mentre la figura del sovrano garantisce l'unità dello Stato. Quindi, quando si parla di «concezione totalitaria» a proposito del pensiero politico di Hegel, si fa riferimento a diverse premesse teoriche presenti all'interno della sua filosofia e suscettibili a questo tipo di interpretazione e di attuazione, ma non di prese di posizione esplicite da parte di Hegel. La monarchia viene intesa da Hegel quale realizzazione dell'unità sostanziale dello Stato e la critica verso altre forme di governo, in particolare la democrazia o la repubblica, è in Hegel esplicita. Il concetto di sovranità popolare viene da lui inteso come autonomia di un popolo rispetto agli altri, e la monarchia per lui rappresenta il culmine dell'intera storia politica.
Lo Stato, in quanto sostanza etica, è lo Spirito di un popolo, che si è autodeterminato nella storia: le istituzioni e la costituzione, che gli sono proprie, devono quindi essere interpretate come il risultato di tale processo storico. In accordo con i Romantici, Hegel afferma che lo Stato è espressione dello Spirito del popolo, nasce cioè da una comune visione del mondo e da una tradizione storica comune. Da questo punto di vista la costituzione di uno Stato non è un patto stabilito dagli uomini in modo convenzionale, ma è il risultato dell'evolversi dello Spirito del popolo nella storia. La costituzione, quindi, rappresenta per Hegel il risultato storico della vita di un popolo, quindi non «viene fatta» da nessuno, ma «si svolge», cioè è già contenuta nel concetto di popolo e trova nella storia la propria attuazione. Da tale concezione, ne deriva che la costituzione può essere utilizzata per comprendere le caratteristiche socio-culturali di un dato popolo; inoltre, poiché lo Spirito permea, nella forma di Stato, ogni aspetto di una comunità, ciò rende possibile una visione unitaria di tutte le forme di espressione di un popolo in un determinato momento della sua storia: dalla politica, al diritto, al costume, e così via. Poiché lo Stato costituisce una singola individualità, il singolo Stato è Spirito limitato e il suo svolgimento avviene nella storia universale, dove lo Spirito particolare dei singoli popoli giunge alla piena consapevolezza di sé e diviene universale, o Spirito del mondo.
Hegel fonda così una teoria del diritto e dello Stato sulla ragione e non in un contratto, quale patto stipulato tra i cittadini che dovrebbe fare del diritto naturale, attraverso il contratto, appunto, il fondamento del diritto pubblico. Hegel, invece, limita l'utilità del contratto al solo diritto privato e interpreta il diritto pubblico e la nascita dello Stato sulla base di dinamiche storiche e culturali. Hegel sostiene infatti che se la costituzione fosse frutto di un patto tra gli individui, e quindi espressione di un contratto, essa avrebbe un carattere convenzionale e contingente; mentre essa deriva invece, in modo necessario, dallo sviluppo storico di un popolo. Inoltre Hegel contesta l'esistenza di diritti naturali dei singoli individui, in quanto il diritto in quanto tale si costituisce soltanto nell'ambito della società o, più precisamente, della sostanza etica. Hegel, invece, dedica molta attenzione al costume e al diritto che, non scritto, si basa sulla consuetudine. Secondo lui il costume, in quanto espressione dello Spirito di un popolo (Volksgeist), è la razionalità stessa manifesta nella storia e ciò crea una continuità importante tra il costume e il diritto positivo. A differenza di coloro che volevano lo Stato come frutto dell'aggregazione di individui che, indipendentemente dai loro reciproci vincoli o obbligazioni, sono soggetti di diritti naturali e di valori morali condivisi, nel pensiero di Hegel prevale invece una visione organicistica dello Stato: lo Stato, in quanto totalità, è la vera realtà della sostanza etica e i singoli individui ricevono diritti e possiedono valori soltanto in quanto suoi membri.
Se nell'ottica liberale la società civile è preesistente allo Stato e centrale rispetto ad esso, da Hegel viene invece considerata quale momento preparatorio rispetto allo Stato, che ne costituisce la realtà effettiva. La società civile si colloca tra l'eticità particolare della famiglia e quella universale dello Stato e si presenta come sostanza etica «dispersa», mancante cioè di una forza aggregante che faccia della società civile una totalità. Per Hegel la società civile è caratterizzata da frammentarietà, distinzione e conflitto tra interessi contrapposti, che vengono superati non tramite l'integrazione e la partecipazione dei singoli, ma tramite un accordo che mantiene gli individui isolati, senza che ci sia un'identificazione in valori comuni. Tale concezione, che accomuna Hegel alla nozione di «popolo» dei Romantici, si fonda su un diverso modo di intendere la razionalità dell'organizzazione sociale e politica. La razionalità delle istituzioni deriva da quella dello Spirito del popolo, dall'unità che si costruisce nella dimensione storica, come ragione, e quindi non da un rapporto esteriore che si stabilisce sulla base del contratto. La conseguenza più importante di questa impostazione è rappresentata dalla nozione di eticità, nozione estranea sia alla filosofia di Kant, che a quella di Fichte. Per Hegel quindi l'ethos, intesa come sentire comune, è identità collettiva, l'unione mediata in quanto costruita dalla storia di un popolo. Dal punto di vista dell'intelletto, la facoltà che distingue e separa, il singolo è individuato dalla professione, che lo distingue dagli altri, e dalla posizione sociale, cioè dallo status e dai ruoli che ognuno occupa; dal punto di vista della ragione, invece, è accomunato agli altri per l'appartenenza a un popolo che costituisce un tutto unitario, con valori comuni e una visione del mondo condivisa.
In queste premesse sono potenzialmente contenuti due esiti profondamente diversi: da un lato vi è il riconoscimento della «cultura», dall'altro sono possibili interpretazioni di tipo totalitario.