Classi 4°A/B/C Linguistico
La dialettica trascendentale.
Kant in quest'opera tenta di oltrepassare l'esperienza allo scopo di fornire un'interpretazione complessiva dell'esperienza stessa: dopo aver fondato, infatti, la scientificità di fisica e matematica, egli vuole indagare se la metafisica possa essere scienza.
Il termine “dialettica” non viene da Kant usato nell'accezione positiva del termine che ne aveva dato Eraclito, cioè come espressione del divenire della realtà, né come lo aveva usato Platone come strumento complesso delle conoscenza delle idee nella teoria dei generi, sviluppata nell'ultima revisione del suo pensiero, ma secondo l'accezione sofistica di ragionamento apparentemente corretto, ma in realtà errato.
Kant ha come obiettivo, infatti, smascherare le pretese della ragione nel momento che la ragione pretende di superare l'esperienza per dare un'interpretazione complessiva della realtà. La risposta a cui giunge Kant é che la metafisica non possa essere scienza e neppure diventarlo. La dialettica trascendentale deriva quindi dall'esigenza dell'uomo di interpretare la totalità ed é riferita alla ragione, che é la facoltà sintetica per eccellenza. Secondo Kant mentre l'intelletto studia le singole leggi con cui spiegare i singoli ambiti della realtà, senza essere in grado di spiegare la totalità dell'esistente, la ragione invece vanta questa pretesa. Tale pretesa della ragione che vorrebbe unificare tutta l'esperienza interna mediante l'idea di io, tutta l'esperienza esterna mediante l'idea di mondo e tutta l'esperienza complessiva tramite l'idea di Dio. Le idee di io, Dio e mondo, in quanto non derivano da una sintesi d'esperienza, non hanno però per Kant alcuna funzione conoscitiva. Ciò avviene perché le idee, che rappresentano uno strumento necessario della ragione, non hanno però alcun corrispettivo con gli oggetti reali colti dall'esperienza: le idee della ragione per Kant sono quindi necessarie, in quanto nascono nell'uomo spontaneamente e ciò risponde ad un'esigenza dell'animo umano, ma sono prive di un riferimento empirico adeguato, sganciate come sono dalle caratteristiche degli oggetti reali, e incapaci di operare una sintesi conoscitiva come invece avviene per i concetti puri dell'intelletto.
L'io e i paralogismi della ragione.
Secondo Kant l'idea di io ha origine da un paralogismo (dal greco para-lógos, alla lettera vuol dire falso ragionamento, errore logico), che consiste nell'attribuire una sostanza all'Io penso, attribuendogli una realtà unitaria o un'anima. Kant sottolinea come invece l'Io penso sia una funzione conoscitiva e come sia impossibile affermare che esista una qualsiasi sostanza che gli corrisponda. Tale errore porterebbe l'uomo ad attribuire all'Io penso una serie di predicati quali l'immortalità, la trasparenza, la spiritualità, et. Kant afferma che non siamo in grado né di dimostrare la loro veridicità, ma neppure il contrario: egli non dice che la metafisica é impossibile, ma solo che non può essere considerata una scienza, in quanto é un aspetto attinente alla cosa-in-sé che non rientra nel campo dell'esperienza.
Le antinomie dell'universo e l'idea di mondo.
Anche per quanto riguarda l'idea di mondo, Kant distingue tra il mondo che risulta essere regolato dalle leggi naturali e che é oggetto dell'esperienza, per cui é conoscibile dal punto di vista scientifico, e la pretesa che invece noi abbiamo di cogliere il mondo esterno come totalità, cercando di attribuirgli dei significati riferibili alle essenze che, però, l'uomo non é in grado di conoscere perché non riferibili alla sua esperienza.
Kant parla di antinomie, riferite alla seconda accezione di mondo, come di una serie di contraddizioni, ciascuna delle quali costituita da una tesi e da una antitesi, tra le quali non é possibile decidere quale sia vera e quale sia falsa. Tali antinomie vengono ricondotte da Kant ai quattro tipi di categorie e suddivise in antinomie matematiche e antinomie dinamiche.
Le antinomie matematiche sono riferite alle categorie di qualità e quantità, mentre quelle dinamiche sono riferite alle categorie di relazione e di modalità.
La prima antinomia matematica si distingue in tesi e antitesi contrapposta alla tesi e riguarda spazio e tempo riferiti al mondo:
- Tesi: il mondo ha avuto un inizio temporale e, per lo spazio, é chiuso da limiti;
- Antitesi: il mondo non ha avuto un inizio temporale, né limiti spaziali, ma é infinito;
La seconda antinomia matematica ha come argomento la sostanza e anche questa si distingue in tesi e antitesi:
- Tesi: Ogni sostanza composta nel mondo é costituita da parti semplici, e non esiste nel mondo altro che il semplice o ciò che il semplice compone;
- Antitesi: Nessuna cosa composta nel mondo é costituita da parti semplici e non esiste nel mondo niente di semplice;
Kant sostiene che sia possibile fornire una dimostrazione convincente sia per le tesi, sia per le antitesi, basandole entrambi su argomenti logici, nonostante le due alternative non possano essere contemporaneamente vere. Le tesi, nel loro insieme, descrivono il mondo come viene visto dalla metafisica e dalla religione, mentre le antitesi compongono la prospettiva scientifica.
Per quanto riguarda, invece, le antinomie dinamiche Kant ne propone due, anch'esse costituite rispettivamente da una tesi e da una antitesi tra loro contrapposte. La prima riguarda la causalità:
- Tesi: la causalità secondo le leggi della natura non é l'unica fonte da cui possono essere derivati tutti i fenomeni del mondo e per spiegare l'origine dei fenomeni é necessario ammettere anche una causa libera;
- Antitesi: non c'é nessuna libertà, ma tutto nel mondo accade unicamente secondo le leggi della natura;
La seconda antinomia dinamica riguarda l'esistenza di un essere necessario e anch'essa presenta una tesi e un'antitesi ad essa contrapposta:
- Tesi: Nel mondo esiste un essere assolutamente necessario o come sua causa o come sua parte;
- Antitesi: In nessun luogo esiste un essere assolutamente necessario, né fuori dal mondo, né come sua causa;
Anche per quanto riguarda le antinomie dinamiche Kant sostiene che esse potrebbero essere egualmente vere, ma in ambiti diversi: le antitesi sono sicuramente vere relativamente al mondo fenomenico, dove dobbiamo presupporre il meccanicismo ed escludere l'esistenza di Dio, almeno come spiegazione dei fenomeni, per poter fondare una conoscenza scientifica dell'universo; la tesi, invece, potrebbero essere vere in ambito noumenico, anche se in tal caso non si potrà mai stabilirlo in modo certo.
L'idea di Dio e la sua esistenza.
Il problema dell'esistenza di Dio rappresenta una questione importante della filosofia di Kant, sia per quanto riguarda la morale, sia per quanto riguarda il mondo naturale, considerato in termini di noumeno e non di fenomeno. Il problema che però Kant si pone non é però quello di dimostrare o meno se Dio esista oppure no, ma se tale idea possa essere oggetto da parte della conoscenza scientifica, cioè se la sua esistenza sia dimostrabile mediante le prove tradizionali elaborate dal pensiero filosofico precedente a Kant.
Kant prende in considerazione una per una le prove tradizionali allo scopo di individuare in esse eventuali errori logici o passaggi non giustificabili, fino a concludere che l'esistenza di Dio non può essere dimostrata da nessun argomento razionale; Kant raggruppa le prove dell'esistenza di Dio, elaborate nel passato, in tre tipologie: la prova a priori o ontologica, la prova cosmologica e quella fisico-teologica o fisico-teleologica.
L'argomento ontologico, elaborato per la prima volta da Anselmo d'Aosta e poi riproposto da Cartesio, sostiene che tutti, anche gli atei, hanno il concetto di Dio come di un essere al di sopra del quale non esiste nulla di superiore: nel concetto di Dio, in quanto essere perfetto, deve essere inclusa anche l'esistenza perché, se così non fosse, noi potremmo immaginare un altro essere più perfetto di Dio, in quanto dotato anche dell'esistenza, oltre a tutte le altre perfezioni, e dunque più perfetto di lui. Kant distingue in modo netto l'esistenza dai predicati, così come aveva fatto in precedenza Aristotele, in quanto l'esistenza non é un predicato, in quanto non é una caratteristica che possa essere dedotta da altro, ma può essere soltanto accertata.
La prova ontologica, che pretende di dedurre l'esistenza di Dio dal suo concetto di essere perfetto, considera il giudizio “Dio esiste” come un giudizio analitico. Secondo Kant, invece, un giudizio che predica l'esistenza é sintetico, quindi riguarda l'ambito dell'esperienza.
Kant ricorre all'esempio dei cento talleri, la moneta prussiana allora più diffusa, dicendo che si possono descrivere le caratteristiche dei cento talleri anche senza averli in mano, ma una cosa é definire le loro caratteristiche concettuali, un'altra cosa é poterne dimostrare l'esistenza una volta che li si é descritti: l'esistenza non si può dimostrare attraverso un ragionamento, ma si può accertare soltanto con l'esperienza. pensare al concetto di una certa somma di denaro é ben diverso dal possederla concretamente. Lo stesso ragionamento dice Kant può essere fatto a proposito di Dio: l'esistenza non é un predicato e non può essere dedotta e, in tal modo, l'argomento ontologico dimostra tutta la sua fragilità e diviene inutilizzabile.
La prova cosmologica é invece una delle cinque vie proposte da Tommaso D'Aquino: partendo dal presupposto che tutto ciò che esiste abbia una causa, Tommaso afferma la necessità di una causa prima incausata, cioè non causata da altro, per non incorrere in un processo all'infinito che, risalendo di causa in causa, non abbia mai termine. Secondo Kant tale dimostrazione é falsa in quanto noi possiamo individuare tutte le cause che vogliamo sino a quando rimaniamo nel mondo dell'esperienza, ma da qui ad affermare una causa non causata da altro ci porterebbe a compiere illecitamente un salto oltre la nostra esperienza, muovendoci su un piano di realtà diverso: passiamo, infatti, dal piano di realtà che possiamo accertare con la nostra esperienza, ad un piano di realtà che risulta essere invece per l'uomo inconoscibile: da ciò ne consegue che anche la prova cosmologica non si rivela soddisfacente per dimostrare né l'esistenza di Dio, né qualsiasi altra affermazione attinente al mondo noumenico.
La prova fisico-teologica, o teleologica, é quella che Kant considera con maggiore interesse. Tale prova sostiene che il mondo ci appare come un progetto così ben organizzato e dotato di finalità tanto evidenti da far ritenere improbabile che esso sia frutto di casualità e che possa essere invece opera di un essere intelligente. Kant obietta che tale prova sembrerebbe più dimostrare un architetto del mondo, piuttosto che un creatore del mondo. Ma per poter dimostrare che esiste un creatore del mondo, cioè un essere assolutamente necessario da cui tutto ha avuto origine e che non dipende da altro, si deve presupporre che ci sia una Causa incausata: la prova fisico-teologica viene così ricondotta a quella cosmologica perché, per dimostrare che l'ordine e la finalità del mondo non sono opera umana o casuale, ma che derivino da un essere trascendente, si deve presupporre che il mondo sia opera di un essere trascendente e che sia tale essere sia necessario, si torna quindi all'argomento cosmologico e alle sue critiche.
La dialettica si conclude con la “Critica di ogni teologia fondata su principi speculativi della ragione” in cui Kant afferma che non é possibile nessuna conoscenza di un essere superiore in ambito teorico, ma che potrebbe essere possibile affermarne l'esistenza come postulato pratico cioè morale. La dichiarazione di Kant non indica una professione di ateismo, ma di agnosticismo dal punto di vista teorico e profondamente religiosa sul piano pratico o morale. Tuttavia il fatto che Kant abbia dimostrato l'impossibilità di conoscere con la ragione l'esistenza di Dio, costituirà un importante punto di riferimento per tutta la filosofia successiva.
L'uso regolativo delle idee della ragione.
Dopo aver dimostrato che le idee di io, di Dio e di mondo non hanno alcuna funzione conoscitiva, nella Appendice alla dialettica trascendentale Kant ne sottolinea però la funzione regolativa. Mentre l'intelletto struttura il mondo fenomenico, ha cioè una funzione costitutiva dell'esperienza, la ragione non agisce sull'esperienza ed é per questo motivo che la ragione non può conoscere. Tuttavia Kant afferma che la ragione é necessaria come norma per la conoscenza, come indicazione: l'uomo, ad esempio, pur non potendo affermare con certezza se il mondo sia finito o infinito, se ha avuto un'origine o se é eterno, se in esso é possibile la libertà oppure no e così via, visto che l'idea di mondo non ha alcun fondamento conoscitivo, l'idea di mondo però orienta la nostra conoscenza e la indirizza a ricercare un sapere sempre più ampio, nel tentativo di unificare ambiti sempre più ampi di esperienza possibile. Anche se noi possiamo conoscere il mondo soltanto attraverso l'esperienza scientifica, mediante fisica, chimica, etc, Kant sostiene che l'uomo tende ad avere un'interpretazione complessiva del mondo, un sistema unitario e che pur essendo un obiettivo che l'uomo non potrà mai raggiungere, tuttavia gli offre una direzione di ricerca allo scopo di rendere maggiormente organica e sistematica la nostra esperienza. L'interrogativo che Kant si era posto circa la possibilità di una metafisica come scienza ha dunque avuto esito negativo. Kant però non ha l'obiettivo di svalutare la metafisica, ma di considerarla da un punto di vista nuovo rispetto alla filosofia tradizionale. In accordo con il criticismo e con la rivoluzione copernicana, Kant decide di non occuparsi del problema dell'essere, della sostanza o di Dio, ma del soggetto conoscente e delle sue caratteristiche, individuando le strutture a priori che sottostanno all'esperienza e alla conoscenza scientifica. La metafisica, quindi, pur non potendo essere scienza, funge da limite costitutivo delle nostre possibilità di conoscere, evidenziando quelli che appunto sono gli ambiti e i limiti sia dell'esperienza umana e sopratutto della conoscenza.